French do it better… da Luigi XVIII al nuovo millennio lo champagne migliore si fa in famiglia
Dal 1818 Billecart-Salmon produce champagne alla stessa maniera: aratri guidati da cavalli e quattro pecore a brucare i terreni. Non solo un legame con la tradizione, ma un impegno vero e sincero per la sostenibilità.
È una storia che attraversa ormai due secoli ed è una delle pochissime Maison - si contano su una mano sola - ancor oggi condotte dalla famiglia fondatrice: è l’affascinante storia della Billecart-Salmon e del suo champagne, che inizia nel 1818, dopo i decenni che hanno sconvolto la Francia, prima con la Rivoluzione e poi con le campagne napoleoniche. In quel momento la nazione vive un periodo di relativa pace, ricco di cultura e innovazione. La monarchia è stata restaurata e sul trono siede Luigi XVIII, per capirci. È in questo contesto che Elisabeth Salmon e Nicolas François Billecart si sposano nel villaggio di Mareuil-sur-Ay, sulle rive del fiume Marna, l'affluente della Senna, che sarà un fattore determinante per la fortuna della famiglia.
Da quel matrimonio e dall’unione dei loro cognomi nascerà la Maison di Champagne e l’etichetta “Billecart-Salmon”. Nicolas François entra infatti in società con il fratello della moglie, Louis Salmon, e le due famiglie uniscono anche i loro vigneti per ottenere un totale di quattordici ettari iniziali a Mareuil-sur-Aÿ, Chouilly e Chigny-la-Montagne.
Da allora, Billecart-Salmon rimane un’azienda a conduzione familiare, preservando intatte le sue tradizioni da oltre 200 anni: nel 1858, Charles Billecart succede al padre come direttore dell’azienda; lo stesso accadrà esattamente trent’anni dopo, quando l’azienda sarà suddivisa tra i figli Jean, René e Juliette, e così via fino a oggi, quando - dopo Jean-Roland Billecart ai suoi figli Antoine e François - a guidare la Maison è Mathieu Roland-Billecart, affiancato dall'esperto cugino Antoine Roland-Billecart, vicedirettore responsabile delle esportazioni.
L’eleganza di questa storia unica l’abbiamo potuta vivere alla presentazione - al ristorante Torre in Fondazione Prada – delle due cuvée storiche: il rosé Elisabeth Salmon, un’ode alla cofondatrice, e Louis Salmon, il blanc de blancs che prende il nome dal fratello di Elisabeth e primo enologo capo della Maison. Una presentazione a cui ha partecipato Antoine Roland-Billecart, sesta generazione di una famiglia che ha legato a doppio filo il proprio nome alle bollicine tra le più amate al mondo, e che oggi, con questi due millesimi, corona un’annata eccezionale: la 2012 si distingue infatti per la sanità delle uve raccolte e che ha prodotto una delle migliori annate del decennio.
Oggi Billecart-Salmon resta, come abbiamo detto, una delle sole cinque aziende del settore a conduzione familiare, dopo aver visto ogni membro della famiglia impegnarsi, per sette generazioni, a perpetuare la tradizione rimanendo fedele a un giuramento: "privilegiare la qualità, puntare all’eccellenza”. E proprio la qualità, legata anche alla sostenibilità di questo brand conosciuto in tutto il mondo, che qui vogliamo raccontare.
Tra le tappe fondamentali della sua storia c’è il 1958, quando Jean Roland-Billecart introduce per la prima volta nel processo di vinificazione la fermentazione a bassa temperatura e la decantazione a freddo: un cambiamento che tutta la regione della Champagne avrebbe presto adottato. Era l'epoca della nuova rivoluzione industriale dei tre decenni di espansione postbellica noti come Trente glorieuses: il miglioramento della qualità iniziava con il progresso dell'enologia, con progressi che includevano i tini di acciaio inossidabile e la padronanza della fermentazione malolattica.
A partire dagli anni Ottanta, la Maison si espande sul mercato internazionale. Un decennio dopo, sarà François, figlio maggiore di Jean, ad apportare cambiamenti radicali alla politica di distribuzione dell'azienda, riacquistando tutto lo stock dai supermercati e concentrandosi esclusivamente su enoteche specializzate e ristoranti di alta qualità.
Nel 1999, al "Great Tasting” a Stoccolma, il Brut 1959 viene selezionato come “Champagne del Millennio”, ma anche il secondo posto va a un altro champagne Billecart-Salmon, il 1961. Poi, con il nuovo millennio, la Maison si espande e presenta la sua nuova identità visiva e il suo packaging rinnovato, che la condurrà ai festeggiamenti del suo secondo secolo di vita, nel 2018.
Il primo rapporto che la Maison si è storicamente prefissata di armonizzare è stato quello tra la viticoltura e l'enologia: una lunga ricerca che sarebbe continuata per generazioni. All'inizio del XIX secolo, l'uva della regione di Champagne veniva utilizzata senza tener conto dell'importanza del terroir e dei sapori specifici che conferiva alle uve. Dato che agli champagne venivano aggiunti circa duecento grammi di zucchero per litro e alla liqueur d'expédition veniva aggiunto il cognac, non sorprende che l'influenza del terroir sui vini della regione di Champagne fosse considerata trascurabile. Inoltre, alcuni consideravano lo champagne come un vino "fabbricato", in cui le caratteristiche specifiche di un cru avevano solo un ruolo secondario.
Fu invece fin dall’inizio della storia della Maison che lo stesso Nicolas François Billecart decise di ridurre i dosaggi, pur correndo il rischio di allontanare i clienti. Utilizzando dosaggi più moderati, Billecart-Salmon stava già valorizzando l'espressione del terroir. Questo desiderio di non cancellare gli aromi naturali era senza dubbio influenzato anche dalla posizione: a differenza di molte case di Champagne dell'epoca, che si limitavano a trasformare i vini in champagne, Billecart-Salmon possedeva già all’epoca vasti terreni che restano a oggi una delle sue peculiarità.
A caratterizzare Billecart-Salmon oggi è una tenuta di 100 ettari. Le uve provengono da 40 cru della Champagne, su una superficie totale di 300 ettari, 15 dei quali sono coltivati seguendo il disciplinare biologico. Gran parte delle uve per la vinificazione è comunque coltivata in un raggio di 20 chilometri intorno al comune di Épernay, un territorio che si estende tra la Montagna di Reims, la Côte des Blancs e la Valle della Marna, in cui coesistono i grand cru di Pinot Noir, Chardonnay e Pinot Meunier. Presso la Maison, il 75% delle uve è Premier cru o Grand cru, vale a dire le più alte classificazioni possibili per la produzione.
Consapevole dell'importanza di preservare la varietà nella tavolozza del miscelatore, la Maison si dedica dunque alla coltivazione delle qualità specifiche dei cru, anche mettendo a punto nuovi metodi di coltivazione. Ogni aspetto della gestione e della coltivazione del Clos è ora biologico. Poiché non vengono utilizzati diserbanti, le viti sono protette con metodi tradizionali e collaudati, tra cui rame e zolfo contro la muffa e decotti di equiseto.
La manutenzione è curata dalla "falciatura ecologica": ogni anno, subito dopo la vendemmia, quattro pecore vengono portate nel vigneto e vi rimangono fino ai primi freddi. Lì si dedicano a brucare l'erba e a fertilizzare il terreno, stimolando la vita microbica con i loro escrementi.
L'appezzamento è stato anche uno dei primi a essere arato. Questa antica pratica, che difficilmente potrebbe essere più naturale, era stata resa superflua dall'uso di erbicidi ed era stata abbandonata per molti anni. Si è trattato quindi di un vero e proprio ritorno ai principi iniziali. Il processo di aratura, che costringe le radici a penetrare in profondità nel gesso alla ricerca di sostanze nutritive, viene effettuato con un aratro trainato da cavalli per evitare di compattare il terreno.
Una scelta che è anche una questione di approccio filosofico: in passato, coloro che lavoravano la terra rappresentavano il dominio dell'umanità sulla natura, e certamente i metodi utilizzati assicuravano il successo a breve termine ma, come osserva il maestro vignaiolo Denis Blée, "sappiamo per esperienza che alla fine la natura vince sempre”.
Grazie ai metodi di vinificazione ancestrali, tramandati di generazione in generazione e migliorati di anno in anno, il ciclo di vita naturale del suolo è tornato, e con esso quello dei microrganismi che agiscono sulle radici delle viti. Per le stesse ragioni, la Maison privilegia la pratica dell'inerbimento - con cui i viticoltori seminano varietà selezionate di semi d
'erba per formare una coltre di vegetazione che sopprime le erbe infestanti - rispetto all'uso di diserbanti, e i fertilizzanti naturali rispetto a quelli chimici. Un’altra scelta è stata quella di far rivivere la tecnica del charrutage, che si era estinta con l'uso dei diserbanti: tagliare le radici sottili in superficie per costringerle a penetrare più in profondità verso il gesso.
Questa spinta alla diversità si manifesta anche nel modo in cui la Maison gestisce i reimpianti, privilegiando le piante prodotte dalla selezione massale - in cui una talea viene prelevata da una delle migliori viti - rispetto a quelle prodotte dalla selezione clonale, in cui un innesto viene selezionato per le sue qualità genetiche al fine di produrre una pianta identica. Prese singolarmente, le viti selezionate per via clonale sono certamente più resistenti alle malattie, ma la riduzione della diversità riduce anche la resistenza del gruppo e della parcella.