Nel 2030 berremo molto di meno
Come sarà l’aperitivo del futuro? Probabilmente a ridotto contenuto di alcol. E no, non dobbiamo spingerci troppo oltre.Come sarà l’aperitivo del futuro? Probabilmente a ridotto contenuto di alcol. E no, non dobbiamo spingerci troppo oltre.
Già nel 2030 le nostre abitudini del bere saranno cambiate drasticamente, e a capo della rivoluzione c’è la Gen Z. Complici una nuova consapevolezza della propria salute e una tendenza a socializzare di meno.
Qual è quindi il futuro delle bevande alcoliche in un Paese che basa una grossa fetta del proprio mercato su di esse?
Sicuramente sarà necessario un ripensamento nella produzione, nella diversificazione dell’offerta e nel marketing. Non possiamo più vendere vino solo perché fa bene ed è parte integrante della dieta mediterranea. Non possiamo più permetterci di ignorare un problema emergente che ancora troppo spesso sottovalutiamo.
Il declino dell'alcol? Dipende a chi chiedi
I dati parlano chiaro: il consumo di alcol tra i giovani è in calo. Sempre meno ragazzi bevono per socializzare, sempre più cercano alternative. Mocktail, kombucha, soft drink premium. Bevande che non danno il mal di testa e non rovinano la pelle. Perché al centro non c'è più l’ebrezza, ma il controllo. La lucidità. L’immagine. Bere tanto non è più “cool”, non lo è già più.
Questo significa che il settore degli alcolici è destinato a morire? No. Ma deve cambiare. Più attenzione alla qualità, meno quantità. Meno eccessi, più esperienzialità. Il vino diventa degustazione, il cocktail diventa arte, la birra diventa slow. Non si smetterà di bere, si berrà diversamente.
Ed è proprio in questa trasformazione che realtà come il Consorzio Prosecco DOC possono giocare un ruolo chiave. Perché il futuro non è l’astinenza, ma la consapevolezza. Non si tratta di dire addio all’alcol, ma di scegliere meglio cosa versiamo nel bicchiere. Conoscere l’origine, rispettare il territorio, premiare chi lavora con cura e responsabilità.
Bere meno, sì. Ma meglio. Affidandosi a chi tutela la qualità delle bottiglie, valorizza la filiera e promuove una cultura del bere autentica e sostenibile. In un mondo che cambia, il brindisi resta. Ma diventa un gesto più attento, più significativo. E forse anche più bello.
Il marketing dell'alcol: fine di un'era
L'industria alcolica ha sempre giocato sulla convivialità, sulla leggerezza, sulla festa. Ma i nuovi consumatori chiedono altro. Vogliono storie, sostenibilità, autenticità. Non basta più dire "bevi responsabilmente" in piccolo sotto una pubblicità. Serve un riposizionamento radicale. Il vino può ancora essere cultura, il cocktail può ancora essere intrattenimento, ma il linguaggio deve cambiare.
E l'aperitivo italiano?
Resisterà. Ma si trasformerà. Meno spritz e più alternative no e low alcol. Meno bollicine obbligatorie e più proposte tailor-made. Un aperitivo che non deve per forza enebriare, ma che può ancora emozionare. Perché il piacere di un buon drink non sta nella percentuale alcolica, ma nell'esperienza che crea.
Il 2030 non è poi così lontano. Chi si adatta sopravvive. Chi non lo fa, rischia di restare fuori gioco.