Il rituale inestimabile del cacciucco livornese a Natale

Alla domanda “quanto deve cuocere questo?” l’unica risposta che si ottiene, sarà sempre e solo un generico: “deh, lo vedi”.

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Ci sono due cose da non dire mai a un livornese per evitare di essere presi a male parole.

La prima è cecina (un giorno racconteremo il perché), la seconda è caciucco invece di cacciucco, perché questa ricetta deve essere per forza di cose scritta (e pronunciata) con cinque “C”. Grammatica a parte, si tratta di una preparazione povera della tradizione labronica, antesignana del concetto di “zero waste”. Un autentico piatto stagionale che si prepara tutto l’anno in base alle disponibilità del mercato, senza buttare via niente.

Il Cacciucco per i livornesi è come una madeleine proustiana, ben impressa nella mente e nel palato, con il suo gusto inconfondibile, profondo come il mare, talvolta ingombrante proprio come un labronico sa essere. Ricco, caldo e avvolgente, dai sentori piccantini, sono tanti a portarlo sulla tavola del Natale. Non solo per la sua bontà, ma anche perché prepararlo è un vero e proprio rito che coinvolge tutti i membri della famiglia. Ognuno ha un compito ben preciso: c’è chi pulisce i pesci e prepara il brodo con gli scarti, chi segue la cottura della zuppa e chi si dedica all’antica arte del pane agliato, per cui non esistono webinar da seguire, ma solo tanta esperienza.

Come ogni ricetta tipica, quella del cacciucco di Natale a Livorno varia di famiglia in famiglia. Ma ci sono dei passaggi fondamentali da seguire, parte di un implicito disciplinare tramandato di generazione in generazione. Unico mistero, sono le tempistiche esatte da seguire per ogni passaggio. Perché farsi rivelare dalla nonna i tempi delle cotture è un’impresa in cui nessuno, fino a oggi, ha mai avuto successo. Quindi, armati di pazienza, si osservano gli ingredienti cuocere dentro la pentola, scorgendo pesci, molluschi e crostacei tra i vapori profumatissimi che attraggono in cucina tutta la famiglia.

Alla domanda “quanto deve cuocere questo?” l’unica risposta che si ottiene, sarà sempre e solo un generico: “deh, lo vedi”.
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Penelope Vaglini

La preparazione del cacciucco da servire per il pranzo del 25 dicembre deve iniziare la sera prima, perché se riposa qualche ora avrà un gusto ancora più intenso. Per prima cosa, si scelgono i pesci più saporiti, alcuni con le lische e altri senza, proprio come vuole la tradizione. Il palombo, la gallinella e lo scorfano sono i più quotati, mentre non possono mancare polpo o polipetti, seppie e totani. Alcuni ci mettono pure le cozze, mentre le versioni più “ricche” della zuppa contengono gli scampi. Si puliscono i pesci e con le parti di scarto si realizza un brodo che serve a dare più sapore al cacciucco. Il polpo, per risultare ben morbido, deve essere acquistato fresco e lasciato due giorni in freezer prima di scongelarlo e tagliarlo, mentre le seppie vanno private del nero, dell’osso e tagliate a fette non troppo sottili, così come i totani. Le cozze, invece, si fanno aprire in una padella a parte solo all’ultimo momento, conservando un po’ della loro acqua per dare ancora più sapore alla zuppa.

Preparato tutto l’occorrente, si procede finalmente a realizzare il cacciucco di Natale. In una pentola con aglio, olio e peperoncino (qualcuno mette anche la salvia), si adagiano polpo, seppie e totani che iniziano a cuocere, rilasciando un po’ della loro acqua. Il tutto va poi bagnato con del vino bianco secco, che si lascia evaporare. A questo punto le filosofie si dividono: chi aggiunge la passata di pomodoro, chi il concentrato, cambia essenzialmente il colore della zuppa, più o meno intenso. C’è anche chi preferisce realizzare una minestra di pesce frullando tutti gli ingredienti per conferire ancora più sapore al cacciucco.

Dopo questa aggiunta, la cottura procede coprendo la pentola, a seguito dell’aggiunta di un po’ di brodo di pesce. Passata circa un’ora, si possono inserire i pesci con la lisca e, per ultime, le cozze con il loro guscio, che devono stare sul fuoco pochissimo, giusto il tempo di insaporirsi. La consistenza ideale da ottenere è densa e corposa, ben diversa da quella del cacciucco viareggino, a detta di tanti più simile a una zuppa di cozze.

Riposato a dovere, è pronto da portare sulla tavola natalizia, meglio se all’interno di contenitori di coccio che ne preservano il calore. Alla base ci saranno le mitiche fette di pane di campagna toscano, abbrustolito in forno e strofinato con un’abbondante dose di aglio. I più Grinch, per fare un dispetto al parente con cui proprio non vogliono sedere a tavola, nascondono dei piccoli pezzettini di aglio nella mollica. E in questo modo, la scusa per stare lontano da tutti è assicurata.

(Foto apertura Penelope Vaglini)

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