DESIGNEAT/3 - La poetica della scarsità nel manifesto di Francesca Sarti

Come la scarsità può diventare poetica ed esprimere un nuovo concetto di estetica del cibo più sostenibile e parsimonioso? Da una riflessione nata durante un design talk, nasce un vero e proprio manifesto dalle parole di Francesca Sarti.

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Un rituale collettivo può smuovere gli animi e portare ad abbracciare un cambiamento radicale, poiché compreso grazie a una condivisione di intenti. Questo è il pensiero che Francesca Sarti, founder dello studio Arabeschi di Latte, ha presentato in un talk con il celebre magazine di architettura e design Dezeen. Il tema centrale del panel, inserito all’interno del Digital Festival promosso dalla testata inglese, è stata la poetica della scarsità a cui, secondo la Sarti, dovremo abituarci per scardinare l’estetica dell’abbondanza a cui oggi siamo abituati. La consapevolezza che lo stile di vita dell’eccesso non è più sostenibile, infatti, sembra non essere abbastanza per fermare il flusso di sovrabbondanza che alimenta giorno dopo giorno l’emergenza globale.

The Beauty of Scarcity, la visione di Francesca Sarti

Esiste un modo per rendere il frazionamento e la frugalità i linguaggi della poetica del nostro tempo? Con The Beauty of Scarcity, Francesca Sarti introduce nuovi rituali per promuovere un sistema retail che punta sul micro anziché sul macro e sulla valorizzazione della “parsimonia” come nuovo stile di consumo. Il simbolo per antonomasia della società dell’abbondanza sono infatti i supermercati, con i loro scaffali ricolmi di cibo ammassato in labili piramidi pronte a cadere al primo tocco. La maggioranza dei problemi di spreco e carenza di nutrienti del food sono proprio legati a questa esagerazione, che comporta eccessi di produzione, consumi compulsivi e disturbi alimentari. Se il problema è legato alla quantità, allora la scarsità sarà l’inevitabile conseguenza di questi atteggiamenti perpetrati nel lungo periodo. Secondo Francesca Sarti è proprio qui che la lettura del paradigma può cambiare, ribaltando la situazione. E se la riduzione e la poetica della parsimonia non fossero un triste destino, ma una bellissima chiave per leggere il nostro futuro?

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Chiara Dolma per Dezeen e Arabeschi di Latte

Una nuova estetica della scarsità

Secondo la founder di Arabeschi di Latte c’è un estremo bisogno di un cambiamento comportamentale, a partire da un’inedita narrativa visiva, per educare ogni generazione alla bellezza della scarsità. Il punto di partenza possono essere proprio i luoghi dove il cibo viene acquistato, oggi sovraffollati da materie prime scelte per apparire “belle” e senza imperfezioni. Per la Sarti il percorso è molto chiaro: ripensare completamente l’estetica di questi display, valorizzando una scarsità ben organizzata, capace di attrarre i consumatori in un modo nuovo e più consapevole. Un’ispirazione che arriva dal libro “Window-Shopping Through the Iron Curtain” di David Hlynsky, dove si susseguono le foto di un centinaio di vetrine vuote ma così sobrie ed equilibrate da avere un profondo potenziale. Da qui parte l’idea di un manifesto che definisca un nuovo canone estetico per godere di un consumo frugale, parsimonioso e sostenibile del cibo.

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Chiara Dolma per Dezeen e Arabeschi di Latte

Il nuovo micro-retailing di Arabeschi di Latte

L’applicazione dei principi di “The Beauty of Scarcity” si riflette nel concept di un sistema di micro-retailing semplice e vernacolare, capace di restituire il giusto valore alle piccole cose attraverso cinque chioschi immaginari. Una “Pasticceria Poetica” che esalta il concetto del razionamento del pane, dove ogni forma riporta una parola giapponese come sessei (moderazione), setsudo (restrizione) e wa (armonia). Una “Capanna Nomade” per riflettere sui metodi di conservazione e trasporto del cibo dei popoli non stanziali come il Kashk, latte fermentato a lunga conservazione consumato nella steppa asiatica. Il terzo chiosco immaginato da Francesca Sarti è una “Gastronomia Ascetica”, ispirata ai mujin hanbaijo, dei negozi anti-spreco giapponesi senza personale, dove sono esposti prodotti freschi con un listino prezzi e un salvadanaio. Un esempio di fiducia e di umile estetica spirituale. Il quarto elemento è un “Antropocorio” che contiene semi di piante che hanno viaggiato oltre confine insieme alle persone, secondo il processo dell’antropocoria. Infine, l’ultimo chiosco che esalta la poetica della scarsità è una “Stanza dell’Epifania” dove migliorare il proprio benessere servendosi di pochi e semplici oggetti: un blocco di ghiaccio per sedersi e rinfrescarsi d’estate, il profumo dei fiori della primavera che sbocciano e segnano la rinascita dei canoni estetici. Un’ode alla bellezza delle piccole cose e della frugalità.

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