Emicrania si o emicrania no?

Scusate, preferisco parlare di vino vivo!

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Negli ultimi sei anni ho fatto dono di piacevoli risvegli e zero emicranie, a tutt*, me incluso. E no, non perché io sia una persona sobria e conservativa (giammai), per me la sete è una cosa seria; ma perché so e scelgo molto bene cosa bere.
Quando si parla di vino naturale la costante è sempre la stessa, parlarne e berne per trovarne di ogni, come se di “difetti” non ce ne fossero abbastanza (e quanto mi piacciono!). Un po’ come quando si recensisce un ristorante x ma con l’unico scopo di trovarne il difetto, ecco che accade anche con il vino, perché là fuori sono tutti Marchesi e/o Reitano, ma non divaghiamo.

Nel 2014 mi trovavo a Margaret River, regione vitivinicola situata nel Western Australia, clima secco e con esposizione sull’oceano, praticamente un paradiso dove poter fare vino. É stato li che ho assaggiato il mio primo vino naturale, che avevo scoperto diverso tempo dopo tramite un ragazzo del Noma. Allora non ero “focus” e nemmeno sapevo cosa si intendesse per vino naturale: combattevo i miei hangover a suon di junk food e bibite zuccherate. Eppure avrei dovuto prestare più attenzione a cosa bevevo; svolgevo lavori saltuari per due aziende vitivinicole. La prima: un colosso che aveva vigneti ovunque, una produzione esagerata e poco rispetto per la vite e il terroir. Una realtà industrializzata, tutta grigia attorno e con poca energia. Iniziavo a potare le viti al mattino e a fine giornata avevo sì e no terminato due filari. Parliamo di 4/5 campi da calcio per estensione per un solo varietale. L’altra, invece, una piccola realtà gestita da questo figlio di immigrati polacchi, pochi ettari di vigne e la casa lì, piazzata nel mezzo quasi a voler assorbire l’energia di questo posto magico immerso nel verde. Perchè qui al contrario dell’altra realtà, il verde era il colore predominante.

Qui l’attenzione non era dedicata solo alla vite ma ad un discorso ben più ampio, una coesistenza armonica tra l’uomo e la natura. Ancora mi emoziono quando ci ripenso.

Credo sia stato in quel momento che qualcosa in me è cambiato.

La piacevole deriva che da lì in poi ha preso la mia sete è stata un susseguirsi di emozioni: non mi bastava più bere solo naturale ma era nata in me anche la curiosità di capire chi ci fosse dietro al vino, sentire le storie e i racconti che avevano portato la persona a fare quella scelta etica e ad abbracciare una filosofia di vita, e mi avvicinava molto a quelle realtà, scoprendo così che il lavoro in vigna e in cantina, attraverso metodi del tutto naturali, portava a escludere l’uso di prodotti chimici.

Nel mondo del vino naturale è molto sentita la tematica della solforosa, le quantità massime consentite in enologia sono stabilite da apposite leggi in vigore in ogni paese. Per quanto concerne l'Unione Europea, i limiti massimi consentiti sono di 160 mg/l per i vini rossi e di 210 mg/l per i vini bianchi e rosati nel convenzionale. 100mg/l per rossi e di 150mg/l per i bianchi nel biologico, e così a scendere.

L’uso e l’abuso di solforosa rende per me un vino morto, togliendone così quella parte vibrante e quella beva che tanto contraddistingue i vini naturali, i vini vivi.

Quando parliamo di vino naturale non dovremmo limitarci solo a questo tema (NoSO2 sempre e comunque!), perché sembra sempre che questo sia il vero problema, ma il punto e ben più ampio: stiamo pur sempre bevendo il vino di una persona che ha deciso di fare una scelta etica, di rispettare la natura e il suo ciclo.

La solforosa è per me l’ennesimo pretesto da parte dell’uomo per fare le cose di fretta e in maniera grossolana.

L’aiutino che molti utilizzano in maniera spropositata come paracadute alla scarsa cura e all’agricoltura selvaggia che in vigna e in cantina praticano. Mi altero poi quando leggo queste persone che sparano sentenze, che intervistano chi pare a loro solo ed esclusivamente per screditare quello che per me è un credo, il vino vivo. Bevetene di vino naturale, andate a trovarli questi produttori, non vi accoglieranno in doppiopetto e molto spesso avranno mani provate dalle intemperie e vestiti impolverati, ma sono certo vi apriranno le porte di casa loro e saranno pronti a condividere la stessa energia che ritrovate all’interno delle loro bottiglie, nel calice, sorso dopo sorso.

Soffermandomi sulla scelta del vino cerco sempre un’emozione. La scelta ricade sempre su vini a bassa gradazione alcolica e si presentano sempre nei colori più disparati. Ma il comune denominatore di tutti questi vini sarà per me sempre la beva.

Hai presente quel vino così vibrante e vivo in grado di farti rimettere in discussione tutti quei sapori che vini convenzionali, bio opportunisti, fascisti, con lieviti in busta, (o prodotti di sintesi vari) non sono in grado di darti perchè estremamente noiosi e sempre tutti uguali?

Ecco, io queste emozioni con il vino che non è naturale non riesco a provarle, e ti sfido a dimostrarmi il contrario.

Immagine di copertina: Marco Rizzolo

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