Parliamo di grani antichi, salute, sostenibilità e territorio con Rosario Floriddia, nella sua leggendaria Azienda toscana.

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Pochi paesi, nei secoli, hanno saputo sfruttare la versatilità dei cereali come l’Italia: un pregiatissimo prodotto in grado di ispirare migliaia di ricette tra infiniti formati di pasta, varietà di pani regionali e locali, e tutto ciò che il mondo ben conosce.

Ma da troppi anni, un’industria avida e noncurante ha ridotto questo prezioso alimento in una base malfatta di lavorazioni dannose per la salute e per l’ambiente.

E poi c’è una piccola nicchia, amabile, virtuosa, che cerca di sviluppare un lavoro diverso, che guarda al passato, che apre gli occhi verso ciò che già esisteva, ma che è stato poi cancellato.

L’Azienda Agricola Biologica Floriddia, gestita dai fratelli Rosario e Giovanni Floriddia e sita in Peccioli, è forse la realtà simbolo di questo ritorno alle varietà antiche di grani, incredibilmente vantaggiose ed etiche, in grado di compiere miracoli.

Ci siamo avventurati nei dorati e profumati campi assieme a Rosario, parlando del perché questo modo di agire risulta di fondamentale importanza per l’uomo e per il futuro del Pianeta.

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La storia dell’Azienda è molto peculiare. Ce la racconti?

L’Azienda nasce dai nostri genitori Giuseppe e Sabia, che tra gli anni Cinquanta e Sessanta hanno portato avanti un’idea di agricoltura rispettosa, ma convenzionale. A fine anni Ottanta, mio fratello ed io, abbiamo deciso di convertire tutto in biologico, nel tentativo di avvicinarci alla naturalità e maturando il concetto di campagna contemporanea vera. Infine, nel 2006, arriva la sterzata decisiva per il futuro di Floriddia: la semina di varietà antiche di cereali, che oggi rappresentano la totalità della nostra produzione. Negli stessi anni è stato anche messo in funzione un innovativo mulino a pietra, in grado di pulire e selezionare la materia con estrema precisione. Si può dire che la nostra sia una storia di progresso, di continua messa in discussione e rinnovamento, di apertura mentale verso nuovi progetti e proposte.

Bisogna saper ammettere i propri errori, migliorando continuamente se stessi: in fin dei conti i nostri prodotti attuali sono incredibilmente migliori rispetto ai precedenti, senza alcun dubbio. Oggi siamo completamente indipendenti e ci sentiamo fieramente parte di questa rivoluzione.

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Come siete arrivati a queste scelte?

Qualche anno fa ebbi la fortuna di conoscere Stefano Benedettelli, genetista dell’Università degli Studi di Firenze, e Giovanni Cerretelli, agronomo, che mi introdussero al concetto delle vecchie varietà come soluzione a tantissimi problemi produttivi ed alimentari. Col loro aiuto abbiamo iniziato questo percorso verso la qualità.

Da quando alcuni genetisti hanno “aiutato” l’industria attraverso la "nanizzazione” dei grani, al fine di massimizzarne la resa, si è innescato un orribile circolo vizioso basato sulla coltivazione chimica, sull’uso continuo di veleni lungo tutto il ciclo della pianta. Infatti, essendo il grano fisicamente meno alto, verrà facilmente attaccato dalle infestanti, rendendo necessario l’utilizzo di diserbanti per annientarle. In questo campo rigorosamente dedito alla monocoltura, terzo errore, arriveranno solo insetti interessati a quel particolare elemento, che quindi non avranno specie rivali e competizione, e che dovranno conseguentemente essere uccisi tramite insetticidi. Poi basteranno piogge o nebbie insistenti a creare muffe e funghi, tra queste spighe volutamente compresse e schiacciate per incrementare il raccolto: si otterrà pertanto il quinto errore, ovvero l’uso di fungicidi.

Noi non volevamo essere parte di questo ciclo mortifero, surreale a pensarci bene, dato che abbiamo sempre avuto a disposizione ogni tipo di alimento. La fame di ricchezza ha portato ad azioni gravissime, mostruose per la salute dell’uomo e ad un consumo energetico smisurato, senza che nessun responsabile paghi il conto. Anzi, molti volti noti accettano felicemente denaro per pubblicizzare tutto questo: ma è ormai chiaro come per ogni soldo speso al supermercato, corrisponda almeno il doppio in spese di circostanza, conseguenti alle nostre scelte, fra trasporti, costi ambientali e medici. Ci vuole ancora molta educazione.

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Quali sono gli effettivi vantaggi di queste coltivazioni?

Sono moltissimi. Partendo dalla loro conformazione fisica possiamo appunto apprezzarne l’altezza ed il folto apparato radicale, aspetti che inibiscono la crescita delle piante infestanti, che non dovremmo dunque andare a fermare chimicamente. Le loro qualità intrinseche, e l’eliminazione di quei processi velenosi descritti prima, rendono dei derivati dalle proprietà organolettiche e nutrizionali spaventosamente superiori, oltre ad ogni immaginazione. Basti pensare come molti dei nostri clienti siano intolleranti al glutine e riescano a consumare i nostri prodotti senza conseguenza alcuna.

Il potere nutraceutico dei lavorati integrali a base di grani antichi è incredibile, specie se ottenuti attraverso molitura a pietra e a bassa temperatura, poiché si mantengono tutte le proprietà benefiche, tutta l’anima del chicco.

Un cibo che diventa quasi medicinale, aiutando il corpo nella prevenzione di molte malattie che si possono sviluppare in età adulta, ma che raramente vengono ricollegate ad anni di scellerata alimentazione, processata, piena di grassi e zuccheri, di sbagli e dolore.

Di fatto, la non-raffinazione delle farine porta ad un drastico taglio di probabilità verso l’insorgenza di picchi glicemici, spesso correlati a malattie gravi.

Senza parlare del benessere per il Pianeta di questo tipo di agricoltura, a rotazione, rispettosa del riposo della terra, della biodiversità di piante ed insetti. Per altro si ha una bellezza paesaggistica molto più prorompente, fatta da commoventi sfumature di colore come oro, giallo, marrone, verde, nero: la pasta che scegliamo impatta anche la poeticità di una collina, perché l’ingrediente parte dal suolo, ed il suolo forma l’ambiente nel quale viviamo.

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Cosa vi spinge, nonostante le difficoltà, a non mollare la presa?

Non potremmo fare altro, anche se ci dicessero che non c’è più speranza. Lottiamo per cercare di terminare questa tristezza. L’agricoltura illuminata supera tutti i vizi di quella industriale: non servirà produrre pesticidi, se ne eviterà il trasporto verso l’azienda e l’impattante distribuzione. èSi semplifica questa paradossale catena, rendendola semplice ed intuitiva. Cerchiamo di educare, di creare una rete di piccoli produttori che portino l’orto nelle città, che spieghino il ruolo del contadino nelle scuole. Si cerca di enfatizzare il rispetto per il bene comune, la visione di vita al di là di stipendio e popolarità, la responsabilità sociale verso gli altri, a fronte di un’epoca di individualismi. Mi piacerebbe vedere una piccola indipendenza alimentare in ogni casa, una piccola auto-produzione che doni anche soddisfazione e stima di sé.

Alimentarci in modo corretto è forse l’azione più vicina alla nostra quotidianità che sia d’aiuto all’ambiente, non dobbiamo sottovalutarla.

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Rosario Floriddia parla con occhi emozionati, carichi di passione e genuina voglia di cambiare questo sistema malato, col quale stiamo cancellando il passato di future generazioni, perse nella nuova modernità, senza più memoria.

Mangiare prodotti come il loro, altamente locali ed etici, privi di additivi, riporta ad una dimensione gustativa totalmente spiazzante: quello stesso profumo del campo esce dall’acqua di cottura di una pasta fragrante ed intensa, rispettosa del mondo, dell’umano e quasi curativa.

Un sano ritorno all’antico ha portato avanguardia, ha smascherato tutto ciò che era nascosto, ha portato alla luce un modo diverso di approcciare questioni importanti, ha permesso di sperare in una nuova possibilità. Consumare meno, utilizzare meglio, ridimensionarsi, ritrovare la connessione con la terra e con ritmi di vita meno eccessivi ed esasperati. Sono salti grandi e spaventosi, intimidiscono e destabilizzano, ma quanto è buona la ricompensa.

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