Parte da un chicco d’uva e finisce in un bicchiere di vino.
Per raccontare questa storia c’è il rischio di infrangere il giuramento di mantenere segreto questo luogo ancora selvaggio, incontaminato e sperduto che il mar Egeo custodisce.
Il profumo di origano avvolge le mie narici, il mare tiene sulle spalle una palla arancione al tramonto, il verde della vigna mi ipnotizza. Non sapevo cosa fossero le Blue Zones prima d'ora, ma il luogo che stavo per scoprire portava con sé risposte che cercavo da tempo.
L’isola di monti e di pastori, la comunità che l’abitava, la materia prima, sono solo piccoli tasselli di un ecosistema antico e unico al mondo: si tratta di un luogo storicamente isolato e povero, un granello di roccia lungo 160 km nascosto nella parte più remota dell’Egeo, terra di esilio dall’era bizantina fino agli anni ‘60. Ma nella lontananza e nel bisogno, gli isolani hanno imparato ad essere autosufficienti, indipendenti nel pensiero, affiatati, dediti a disdegnare la ricerca dell'acquisizione materiale e vivere semplicemente ed essenzialmente, a prestare poca attenzione allo scorrere del tempo, anzi a non prestarne affatto. Un’ isola dove la gente non vive guardando l'orologio, dove la puntualità non è necessariamente una virtù, dove il tempo non esiste, davvero.
È qui che George Karimalis e sua moglie Eleni, nel 1999, si trasferiscono e insieme decidono di cambiare vita, lasciando una brillante carriera nella città di Atene, determinati a lavorare la terra ancestrale e godersi lo stile di vita dell’isola. Ristrutturano e fanno rivivere il vigneto di 500 anni che era stato loro tramandato e da allora si impegnano nell'insegnamento di questo stile di vita ai loro figli e nipoti, così come ai loro ospiti e visitatori. Ad affiancare il lavoro di George in vigna c’é Iliana, una delle figlie, che ha sempre avuto una vocazione per il mondo del vino. Coinvolta nell'intero processo di vinificazione dalla vigna alla cantina sin dall'età di cinque anni, è sempre stata al fianco del padre. Questi primi ricordi hanno fatto nascere un affetto inconscio verso il vino e la vinificazione. È lei a portarci in giro per i vari vigneti di proprietà e raccontarci l’unicità delle foglie di vite a seconda del tipo di uvaggio, una vera nerd del vino! Racconta con gli occhi colmi di passione e orgoglio dei suoi studi in Ingegneria Chimica e in Enologia presso l'Università Agraria di Atene, con l'obiettivo di rilevare la cantina, raggiunto nel 2019 quando suo padre le ha ceduto l'attività. Con la sua determinazione e le sue capacità di nuova direttrice, i preziosi consigli e lo sguardo attento di suo padre, il futuro dell'azienda è in buone mani.
George si siede tra noi ospiti a cena e racconta, come fossimo vecchi amici, la storia della sua famiglia. Nei suoi formaggi si sente la cura per i suoi animali, nei suoi occhi si intravede una preziosa eredità. Il suo modo di raccontare la verità del luogo incanta i commensali, che tra un calice e un po’ di tzatziki riempiono di domande il padrone di casa. Mentre Eleni, invece, ci delizia con le sue specialità isolane e prepara il pane nel forno a legna, immerso fra le vigne e il profumo di grano, George prende in mano un chicco d’uva e domanda: “Quale elemento è il più importante qui dentro?’’ - mostrandoci l’acino - “La buccia” tento a bruciapelo, “L’acqua” esclama qualcun altro. George serafico risponde: “Il seme! Il seme racchiude in sé ogni elemento del chicco, il seme dà la forza e l’energia al grappolo.