Le affinità elettive del Baronetto di Torino

“Chi si somiglia si piglia” è l’incipit di Matteo Baronetto per raccontare il suo nuovo libro Iconiche Similitudini, un pezzo da collezione presentato nel suo Ristorante Del Cambio a Torino.

a- matteo-baronettoa-moretti.jpg.webp

Due foglie di insalata, due di numero, una grossa amarena intinta nel suo sciroppo e un’oliva taggiasca, è il piatto con cui Baronetto presenta il suo menù Similitudini: l’essenziale è invisibile agli occhi. “Potrebbe sembrare che, a volte, alcuni ingredienti non c’entrino niente l’uno con l’altro” afferma lo chef “ma se stai ad ascoltarli bene puoi inciampare in certe scoperte”: le olive taggiasche e le amarene, l’avocado e la zucchina, la seppia e il lardo, l’uovo e il calamaro, sono matrimoni improbabili frutto di una scoperta di affinità di gusto, che trovano un equilibrio e un’armonia da lasciare esterrefatti.

Less is more era il motto del famoso architetto Ludwig Mies van der Rohe, per indicare che meno è meglio. Quello di Baronetto è un menù che rispecchia in pieno questa visione: minimalista, ma allo stesso tempo essenzialmente sorprendente per tutti e cinque i sensi. Due, tre ingredienti al massimo nel piatto, un connubio che nasce per stupire nella sua semplicità: accostamenti in cucina come in natura, che si assomigliano nell’aspetto e nella consistenza e si esaltano se combinati. 

Piatti sobri, puliti e camaleontici, capaci di mimetizzarsi e confondersi, incarnano l’austerità e la discrezione sabauda, che sembrano apparentemente stridere con lo sfarzo e l’eleganza del regno in cui sorge il ristorante stellato, tempio del Risorgimento italiano e del glorioso statista Cavour. Invece, non c’è cosa più ricercata e complessa della semplicità - diceva qualcuno - e queste creazioni sono state pensate per essere di una semplicità, sia alla vista che al gusto, disarmante; un po’ come ammirare un’opera d’arte, una poesia visiva o una sceneggiatura, che però lascia libero spazio all’interpretazione del commensale. 

B40D898D-6EAF-4A7E-B20F-BC9ACF876D6C.jpg

Se la cucina è un’arte, quella di Baronetto è sicuramente avanguardia. 

Nessuna ricetta, nessuna foto nel volume di Baronetto, che somiglia più a un libro d’arte: un percorso di intuizioni culinarie, di assonanze estetiche e gustative sotto forma di disegni astratti, realizzati dal grafico di Maretti Editore, Edoardo Maria Manuguerra, sotto la supervisione dello chef, che raccontano la scoperta di similitudini diventate, per l’appunto, iconiche. 

Il libro inizia con una prefazione filosofeggiante dello chef spagnolo Andoni Luis Aduriz, ispirata al poeta e pensatore francese Paul Valery,  secondo cui per esistere è necessario somigliare a qualcuno (o qualcosa) e poter essere riconosciuto, Baronetto parte da qui per il suo percorso gastronomico, un excursus di piatti nati negli ultimi anni a Torino (Similitudini) e altri che hanno fatto la storia, realizzati a quattro mani con Carlo Cracco a Milano (Iconici), precursori di quelle scoperte e unioni inaspettate. C’è qualcosa di alchemico nell’epifania di queste affinità elettive: basti pensare al piatto Uovo e calamaro, o meglio, “Uovo o calamaro?”, un vero e proprio indovinello gastronomico con cui lo chef si diverte a confondere il commensale nell’individuare i due elementi e riconoscerli – uno è un uovo sodo marinato in aceto e l’altro, rondelle di calamaro lesso – perfettamente mimetizzati tra di loro. Ogni boccone è un’esperienza mistica tra gusto e pensiero, tra concreto e astratto, un accostamento inaspettato che risulta poi ovvio, quasi banale, per questo folgorante. Prima c’è l’intuizione, poi lo schizzo, per fissare nella memoria una suggestione che va al di là del sapore effimero di ciò che si è appena gustato.

083CC980-34B6-41AA-A301-7182CAABA712.jpg

Nel libro c’è anche un omaggio al fotografo e gourmet Bob Noto, in cui lo chef immagina una chiacchierata al telefono con l’amico che non c’è più: 

M. Ti ho chiamato perché ho finito un piccolo libro: poche copie per appassionati e collezionisti, dove non ci sono foto ma disegni grafici colorati e brevi descrizioni che spiegano le ricette.

B. Figataaa! Hai fatto bene, hanno rotto le palle i fotografi e anche i cuochi (eh eh eh ride). Oramai tutti a fotografare e cucinare.

Anche l’eco marchesiano risuona fortissimo: “I piatti nascono più dalla cultura, che dalla tecnica”, sottolinea Baronetto (citando implicitamente il Maestro) riferendosi al piatto Seppie e Lardo, “...le fettine di seppia ben tagliate, se servite sovrapposte e a fianco a delle fette di lardo, anch’esse tagliate sottili, ricordano gli Achrome di Piero Manzoni".

Il libello da collezione, 350 copie autografate (di cui ne restano ormai pochissime in circolazione) e edite da Manfredi Nicolò Maretti - giovane promettente del futuro dell’editoria di settore - rappresenta un manifesto di pura bellezza a metà strada tra arte e cucina, dove si abbandona la ricerca di perfezione, che spesso caratterizza una delle ossessioni di questi due mondi, per dare spazio ad un'“improvvisazione ragionata”, un esercizio costante che è un elogio all’italianità, all’equilibrio e all’essenziale.

Tutte le news più interessanti in un unico posto, selezionate per te.