Monika Filipinska: la chef polacca dal sangue rosso Chianti

600 ettari di terreno di cui 150 riservati all’allevamento della vite; un wine resort da 28 camere con ristorante, cantina e frantoio: Dievole e il lusso toscano riletti dall’occhio di una chef iper - vitale.

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24 ore al giorno. 365 giorni l’anno. Per un pugno di attimi. Questa è la vita.

Una vita che ognuno di noi vive a modo suo. Una vita viva, frenetica, dal ritmo incalzante; una vita comoda, tranquilla, talvolta inerte e lenta come i minuti necessari per far lievitare quella schiacciata con l’uva, soffice, unta e dolce il giusto, ideale da annegare in un mare d’olio extravergine ma che basta anche da sola, tra una portata e l’altra.

Di quale schiacciata parlo? Di quella di Monika, la chef più vitale che abbia mai conosciuto. Una donna instancabile, attiva su più fronti a Dievole, il wine resort di lusso con cucina e ospitalità nel cuore del Chianti classico del gruppo ABFV, Alejandro Bulgheroni Family Vineyards Italia, che da qualche anno ha realizzato un importante investimento, nella ferma convinzione della grande capacità di rigenerarsi di alcune aziende vitivinicole.

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Arrivi a Vagliagli, 12 km da Siena, dopo un sali scendi affascinante lungo le belle colline del Chianti Classico, i Monti del Chianti e le Crete Senesi. Lasci la macchina e immergi corpo e spirito nella Villa Padronale, il cuore pulsante del resort. Una struttura che racconta l’Italia dell’arte, del bello, realizzata nel XVIII secolo e circondata da giardini all’italiana e alberi secolari.

Nell’aria che si respira percepisci profumo di storia. Quello che tocchi, dove cammini, ha origine secoli fa, nel lontano 10 maggio 1090, giorno in cui il contratto del notaro Bellundo indicava il pagamento di due capponi, tre pani e sei ‘denari lucchesi’ di buon argento per l’affitto annuale di una vigna nella valle Divina, l’emblema di un rinascimento contemporaneo del Chianti Classico.

Da lì in poi, cambiamenti e evoluzioni hanno portato a ciò che ora è Dievole: 600 ettari di boschi e colline, di cui 150 coltivati a vigneti, dove uomo e terra vivono all’unisono.

Al centro di tutta l’esperienza ci sono il vino, l’olio e l’ospitalità. Tre elementi che passano, inequivocabilmente, per il cibo, il quale li unisce, li esalta, li migliora.

E non sarà per te difficile scoprire chi tesse le fila della struttura, chi dalla mattina alla sera, con spirito guerriero e curioso, gioca a far incontrare calici di vino, gocce di olio extravergine e erbe della tenuta. Non sarà difficile perché, proprio lì, sulla ghiaia del sentiero che conduce alla tua camera, non appena muovi un passo, puoi imbatterti in Monika, magari nascosta dietro la chiesetta dedicata a San Giovanni Battista, a pochi metri dalla Villa Padronale.

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Lei, in divisa da lavoro, è intenta a raccogliere qualche erba spontanea da inserire all’interno dei cappellacci da preparare agli ospiti della struttura all’ora di pranzo. E pur accingendosi ad un lavoro più che agricolo, è puntuale in ogni dettaglio, persino il grembiule è ripiegato a dovere. E se ti avvicini e hai desiderio di scambiarci due parole, al di là della frangetta e dei grandi occhiali, scopri un volto sincero, tranquillo e appagato. Un volto di donna lavoratrice che sa di essere nel posto giusto. In un luogo che la stimola a far sempre di più, a crescere e a imparare.

“Sono arrivata a Dievole venti anni fa. Ai tempi facevo di tutto in cucina, senza sentirmi mai inadeguata, mai in un posto sbagliato. Amo Dievole e quello che mi lascia ogni giorno: nuovi stimoli, nuovi prodotti da scoprire, dalle erbe spontanee all’olio passando per il vino. Amo il mio lavoro.” - così mi racconta lei stessa, prima di spostarsi in cucina.

E nel parlare di sé Monika emoziona. Quello che dice, come lo dice, non scorre via ma resta dentro e fa riflettere, sin da subito. Anche prima di prenotare un tavolo al Novecento, il ristorante di Dievole al piano terra della Villa, che deve il suo nome alla riserva di Chianti Classico nata nel 1990 per celebrare i 900 anni di storia della tenuta. E’ sincera e pesa le parole, che scandisce come fossero partorite col pensiero. Con il ricordo dei sacrifici che l’hanno resa la chef che è oggi.

Il suo cognome tradisce una vita non scontata: Filipinska. Monika infatti non è nata in Toscana, ne tantomeno in Italia. Ha origini dell’est come ricorda il suo accento, dall’insospettabile analogia fonetica tra il polacco e il fiorentino, appena meno morbido di quello di una donna del Chianti. E nonostante non ci sia nel suo sangue vino rosso, Chianina e ribollita, ciò che Monika porta in tavola è quanto di più regionale possa esistere.

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Come autodidatta ha imparato nel tempo il linguaggio della terra che le regala la vita. La materia prima dell’orto, la carne e i formaggi delle aziende vicine. Le spezie e la frutta secca. Tutto è inglobato in lei e portato in tavola.

Dal supplì di riso con artemisia e erborinato di bufala, eccezionale in abbinamento ad un calice di Dievole Chianti Classico DOCG Petrignano 2019, fino ad arrivare al piccione passando per l’eccezionale faraona al rosmarino con sedano rapa, cavolo brasato e cipolle arrosto al miele, tutto è dichiaratamente toscano. Verace e sincero. Caldo e confortevole. Elegante e sensuale.

Dove la pancia è soddisfatta ma ancora prima la vista e l’anima perché Monika sfiora il cibo, lo culla delicatamente fino ad ottenere creazioni di raro prestigio.

Ogni giorno a Dievole non puoi fare a meno di incontrarla. Di vederla ora nell’orto, ora alla griglia, ora dietro il bancone all’ingresso del ristorante. A fare tanto e oltre. Potrebbe facilmente rifiutare senza difficoltà la maggior parte di quegli incarichi ma non osa perché ha desiderio di agire, di spendere il proprio tempo facendo piuttosto che oziando. Per piacere. Mai per dovere. Alcune ore le trascorre nell’atteggiamento di chi lavora sul serio, ma se la ascolti e la scruti con attenzione ti accorgi che Monika non lavora più da anni. Si diverte e fa divertire le persone di cui si circonda.

Se hai tempo non puoi esimerti dal partecipare a una lezione di cucina. Carpisci il più possibile, mi raccomando. Fatti raccontare ogni più piccolo dettaglio sulla preparazione dei grissini all’olio estratto direttamente nel frantoio della tenuta o ancora sulla pasta ripiena e quelle carni che vedi brasare lentamente in pentola. Cogli ogni istante per conoscere Monika e la sua nuova cucina toscana.

“L’unica, grande, difficoltà per una donna chef è saper gestire contemporaneamente due mondi: quello privato e quello professionale. Il mio lavoro richiede tempo così come quello di moglie e madre” - mi svela all’ultimo Monika, quando un velo di stanchezza trapassa lo sguardo. Ma è appena accennato. Gli occhi, la postura, il tono della voce della chef sono sempre pieni di vita e di entusiasmo.

E al termine del pranzo, nel caldo di fine estate, nell’Aione, lo storico cortile piastrellato nel cuore del Giardino delle Rose dove i colori e i profumi della campagna pervadono l’aria, assaggi il panforte, qualche biscotto e finisci con il panpepato. Ti viene voglia di morderne ancora e ancora nonostante l’abbondante dose di risotto con brodo di fichi, blu di bufala e carpaccio di daino, degustato accanto al Dievole Chianti Classico Docg 2019, abbia già ampiamente placato gli stomachi. Vorresti nascondere qualche centinaia di cantucci nelle tasche della giacca e scappare ma ti limiti a chiedere la ricetta che la chef ti svela senza indugiare come fossi il suo più intimo amico. Non puoi scappare. Sai già che l’anno prossimo tornerai.

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