Quinto Quarto? Si, ma di pesce. Giulio Terrinoni ce lo spiega attraverso il suo metodo, etico e pragmatico.

Zero fronzoli e fighetterie per la cucina di mare a scarto zero del ristorante Per Me di Roma. Trippa, coppa, fegato, gola, uova. Cos’altro? Ci racconta tutto lo chef Giulio Terrinoni

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Questo articolo è frutto di una lunga chiamata. E’ il tentativo di raccontare la filosofia di un cuoco contemporaneo che ha trovato la strada per una cucina di mare a scarto zero. Gli è bastato osservare la materia prima, le casalinghe fare la spesa dal pescivendolo, i bottini dei pescatori, per capire cosa doveva fare e dove doveva andare. Lui è Giulio Terrinoni e il suo ristorante si chiama Per Me. E’ al centro di Roma e brilla luminoso di una stella Michelin.

La sua è una filosofia di cucina fatta di una sola parola d’ordine, ma molto chiara: metodo, un formulario dalle poche, sintetiche e pragmatiche regole da applicare su tutti i fronti, dal pesce alla carne, passando per la verdura e incentrato sull’uso a 360 gradi di ogni ingrediente.

Con il metodo, Giulio ha lavorato dall’inizio, portando a tavola, dai clienti sempre più affezionati, una cucina semplice con zero fronzoli e fighetterie.

Ho trascorso quattro ore della mia vita immersa alla tavola di Per Me, mentre la visione della cucina di Terrinoni si faceva via via più chiara, e lo sbalordimento dei primi assaggi lasciava il posto ad alcune conclusioni.

Una scoperta progressiva di dettagli che, per trovarli, occorre avere la curiosità del nuovo arrivato e la pazienza di uno di quei matti che passano al setaccio le spiagge alla ricerca di piccoli oggettini preziosi. La spiaggia è Per Me che affaccia su un mare stravolto di frattaglie.

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Frattaglie di pesce. Qualcosa di cui tutti, in linea teorica, sappiamo l’esistenza - ce lo insegna l’anatomia - ma che, agli atti pratici, finiamo per non provare mai.

Vescichette rossastre, ritagli di carne tremolanti, strisce grigioline. Mi piacerebbe trovare parole più entusiastiche per descriverle, ma non è facile. Eppure quelle lavorate da Terrinoni sono tra le cose più belle che potrete vedere e assaggiare nella vostra vita, dalla trippa di rana pescatrice sgargiante di colori e profumi nostalgici, al piccolo boccone di coppa di testa di rana pescatrice profumata al finocchietto passando per il velo di patè di fegatini di triglia.

Ma da cosa nasce tutto? Ora è facile parlare di quinto quarto di pesce ma qualche anno fa non era così, anzi.
Era il brutto anatroccolo del mare, l’eccesso, lo scarto da non considerare. Ora è il manifesto della cucina di molte insegne internazionali. Ma 20 anni fa chi osava e pensava di cucinarlo? Nessuno, o quasi.

“Quando ho aperto il mio primo ristorante avevo le spalle piccole e pochi soldi in tasca. Andavo dal pescivendolo e compravo pesci di cui buttavo il 50%, tra testa, squame e frattaglie. Era inconcepibile per l’economia di un piccolo ristorante come il mio. Ma si sa, la difficoltà aguzza l’ingegno.” - inizia a raccontarmi Giulio mentre riorganizza la cucina prima del servizio del pranzo.

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Lui che viene dalla terra di Fiuggi, una volta catapultato nel mare, ha da subito trovato un’estrema somiglianza tra carne e pesce, tra i fegatini di triglia e quelli di pollo, tra le costolette di rombo e di abbacchio, tra la trippa di rana pescatrice e quella di vitello.

Associa, rielabora e crea piatti straordinari. Era il 2006, sono passati quasi 20 anni.

Il pesce paradigma del pensiero di Giulio è la rana pescatrice da cui recupera tutto l’immaginabile, dal fegato alla trippa passando per la gola e la cartilagine della testa.

Per esempio con il fegato fa un lavoro che romantico è dire poco.

Essendo molto amaro lo sottopone a molteplici trattamenti: sfrutta il latte come detergente e l’alcol come profumo. Ecco il metodo tornare alla ribalta: “Prima lavo il fegato con il latte ed erbe come alloro e salvia per tutta la notte, poi lo profumo in cottura con un alcol aromatico come Madeira o Marsala”. Un foie gras di mare, cotto in maniera rapida, in versione scaloppa, carnoso, iodato, consistente al taglio è il risultato del metodo di Terrinoni, uno chef capace di distinguere in questa foresta di offerte il necessario dal superfluo, lo strumento di lavoro dal giocattolo, il servizio che ti può migliorare la vita dal macchinario che la complica.

Panbrioche e riduzione di frutti rossi lo accompagnano nel piatto. Ma non è finita qui.

Con la trippa arriva il bello. Questa viene pulita in acqua e ghiaccio per far emergere le impurità, poi appena “scioccata” in acqua bollente e aceto come fosse una lepre per una decina di minuti e portata a cottura in un brodo profumato, ricco di verdure. “Ora è quasi cotta. La tolgo, la ribalto, la sciacquo fino a renderla pomata. A quel punto il gioco è fatto: la lascio morire in un brodo di bucce di pecorino freddo e poi la ripasso in un soffritto goloso.” Questa la preparazione dell’altra frattaglia di Per Me dove il “Metodo scarto zero” viene applicato anche al pecorino per cui si riutilizzano anche le cocce”. Estratto di menta e spuma di pecorino completano l’opera per la quale la scarpetta è doverosa.

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E potrei continuare all’infinito con la coppa e la gola, detta anche cococha, ossia la protuberanza carnosa sotto la mandibola, tenera e saporita che Giulio conserva dai pesci acquistati per poi lavorarle e servire con il pesce del giorno assieme alla più golosa e seducente salsa che potrete vedere in vita vostra, rigorosamente ottenuta dalle lische del pesce, come fosse una maionese senza uova, in classico stile Pil Pil basco.

“In base a cosa ho, organizzo la formazione sul campo da calcio” - mi svela sorridendo lo chef, appassionato di calcio quanto di mare. “Stamattina sono arrivati dei totani bellissimi, non posso esimermi dal conservare i fegatini per una salsa scura, densa di sapore, in contrasto aromatico con i pisellini di stagione”.

E non da meno sono i fegatini della triglia trasformati in patè. Come per la rana pescatrice, anche qui entra in campo il latte a detergere. Un ruolo di primo piano lo ha la cipolla brasata lentamente seguendo la ricetta della Cipollata di mamma Terrinoni, con la quale tra l’altro lei stessa vinse un concorso di cucina.

E va bene il riciclo, la cucina a scarto zero, il metodo al servizio della materia prima. Ma c’è un ma: il cliente. Il romano del centro, il turista proveniente dall’altra parte del mondo, colui che non sa neppure come fatto un pesce e non immagina lontanamente il sapore che possa avere, potrà mai apprezzare piatti del genere?

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Ci vuole pazienza, educazione. Mi pongo costantemente il problema di chi sta seduto a tavola. Per avvicinare il cliente alla mia filosofia e far arrivare il mio messaggio ci vuole tempo e sopratutto latte, il detergente naturale che smorza l’amaro del fegato di mare e strappa un sorriso, uno stupore impareggiabile dall’americano di turno.” - conclude fiero Giulio.

Tutto nasce strada facendo. In una cucina piccola il miracolo è all’ordine del giorno.

La rivoluzione parte dal quotidiano, parte da una mattina di qualche anno fa, quando le signore andavano a fare la spesa, chiedendo il pesce già squamato e pronto per essere cucinato. Al di là del bancone si potevano notare delle buste stracolme di sacche bianchicce o aranciate. Giulio quel giorno chiese cosa fossero: erano uova di pesce. Curioso approfondisce il tema e crea la “Carbomare”, una carbonara di mare dove l’uovo di gallina viene sostituito dalle scoppiettanti uova di San Pietro, ed il guanciale dalla bottarga di muggine appena rosolata e resa croccante in padella. Pecorino, una punta di aglio e tanto polso creano la magia. Un tuffo nel mare più romano, ruvido, iodato, dolce ma anche piccante che possiate avvicinare al palato.

Per Me è il ristorante di pesce che a Roma non c’è, che non fa grandi mischioni di caldi, freddi, fritture ma con rigore e logica sviluppa percorsi degustazioni etici e sostenibili, buoni e curiosi, profondi oltre la lisca dei pesci. Fino alle frattaglie.

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