Un giorno all'improvviso
Ho 35 anni, sono napoletano e quando il Napoli ha vinto il primo scudetto ero nella pancia di mia madre, sarei nato un paio di mesi dopo. Come me, in tanti sono cresciuti con una cantilena: “Non lo hai visto ma tu c’eri. Eh sapessi…”.
- Ma tu scendi?
- E secondo te mi perdo lo scudetto del Napoli? Cioè tu credi davvero che mi possa perdere questo evento? Qua stiamo parlando dell’anno zero, del punto e a capo, dell’inizio del nuovo corso, della storia che racconteremo ai nostri nipoti con la supponenza di chi c’era, da reduci della vita vera. Come hanno fatto quei bulli dei nostri zii per tenerci in uno stato di minorità generazionale. Secondo te perché abbiamo iniziato a viaggiare? Per dimostrare ai nostri zii che avevamo più esperienze di loro e che ce la saremmo cavata anche senza aver visto Maradona. Chiaramente non è bastato.
Zio sapessi che meraviglia il grand canyon.
“Ti dico solo una cosa, 3 novembre 1985: Napoli-Juve, punizione al limite dell’area, Maradona piega le leggi della fisica e segna sotto la traversa”.
Zio sapessi che belli i templi di Angkor Wat, sembra di essere in un sogno.
“Io un unico sogno avevo, vincere lo scudetto con Maradona. San Diego me ne ha regalati due, sto bene così”.
Vabbuò zio ma vuoi vedere che Maradona è la risposta a tutto nella vita?
"Bravo, stai capendo”.
Foto di Gabriele Micalizzi
Ho 35 anni, sono napoletano e quando il Napoli ha vinto il primo scudetto ero nella pancia di mia madre, sarei nato un paio di mesi dopo. Come me, in tanti sono cresciuti con una cantilena: “Non lo hai visto ma tu c’eri. Eh sapessi…”. Poetico per certi versi ma falso perché quella generazione ha vissuto video e fotografie, non i fumogeni nelle narici, né gli abbracci degli sconosciuti.
Gli sconosciuti, una categoria misteriosa a Napoli, dove cento gradi di separazione possono svanire con un cenno della testa o con una semplice domanda: “Scusate, oggi che mangiate?”. Del resto anche il nostro miglior amico o il nostro amore all’inizio era uno sconosciuto.
Questo racconto è composto da sconosciuti diventati compagni di viaggio, come i reduci di una grande storia che resteranno sempre legati. Come mio zio con i suoi sconosciuti diventati amici.
“Uè Napoli dove andiamo a mangiare?”
La domanda di Gabriele arriva 4 minuti dopo l’arrivo in città, è venerdì 28 aprile, è quasi mezzanotte e assieme al suono delle trombette sarà la cosa che ascolterò più spesso. Domenica si gioca contro la Salernitana, basta un’altra vittoria per vincere lo scudetto in largo anticipo e, sebbene l’antagonismo con Salerno sia forte, la scaramanzia perde colpi in vista dei tanti punti di vantaggio sulla seconda.
La città si sta preparando, nell’aria c’è l’atmosfera della festa, si sente lo spirito accogliente e generoso del Natale dei film. La gente sorride, è disponibile, se fossi un turista vorrei essere qui.
Se fossi una pizza non vorrei incontrarci.