Il Natale a Brescia ha un solo dolce, il bossolà

Che si scriva bossolà o bussolà come per Iginio Massari, la tradizione lombarda lo contempla come migliore alleato del caffè, anche dopo le feste.

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È finito il tempo della diatriba tra pandoro e panettone. Almeno a Brescia, dove sul carro dei vincitori sale senza fatica anche il bossolà, dolce tipico delle feste natalizie. Se si nominano Brescia e i dolci, è imprescindibile rivolgersi al maestro Iginio Massari per farsi raccontare le origini del bossolà o bussolà, e la versione che lui realizza alla Pasticceria Veneto, soffice e leggero come una nuvola e profumato di burro e limoni del Garda. Chiaramente introvabile sotto le feste, è un dolce talmente buono che è stato destagionalizzato da Massari e si trova durante tutto l’anno, sia a Brescia sia negli altri negozi sparsi tra Milano, Torino e Verona.

“Il dolce bresciano si chiama Bossolà ma la mia versione, complice un errore di stampa, si chiama Bussolà e non mi è dispiaciuto mantenerne la variante" esordisce Massari. "Rimanda immediatamente al termine latino, buccella, buccellatum, ossia pane da trasformare in bocconi, e ai “cugini” bussolano e bisulan. La storia lo vede nascere nel mondo celtico e svilupparsi successivamente, con l’invasione dei veneziani, anche verso luoghi che oggi lo raccontano a modo loro come Cremona (il bussolano) e Mantova (il bisulan)” prosegue il maestro pasticciere.

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Il maestro pasticciere Iginio Massari

Se nelle altre città è rimasta una ciambella, indubbiamente più ricca di allora, del bossolà Brescia ne reclama una versione tutta sua: ciambella sì ma molto più soffice, con il suo buco centrale che riporta all’antico salvagente in legno della Repubblica veneta da cui trae ispirazione.

“L’origine celtica voleva invece che il nome richiamasse una biscia attorcigliata, segno di potere e protezione, principale obiettivo dei popoli antichi, ma anche rinascita e ciclicità del tempo e veniva regalato, con il nuovo anno alle porte, come dono di buon auspicio. Bisogna ricordare che un simbolo, all’epoca, era molto più semplice da ricordare e arrivava a tutta la popolazione con il suo messaggio di speranza” prosegue il Maestro Massari.

Tre tempi di preparazione in cui burro, uova, farina si fondono e alternano a lievitazioni lente: 25 minuti, 1 ora, 2 ore; l’impasto cresce, prende struttura, i sapori si amalgamano in qualcosa di antico. Una nuova lievitazione, molto lunga perché la bontà richiede pazienza. Il forno dà il tocco di grazia: il dolce è del color del frumento estivo, il sapore di latte rimanda alle mattine d’infanzia ma si alleggerisce con la nota agrumata ed elegante del limone.

“Ho pensato di mantenere il bussolà in pasticceria per tutto l’anno, è buono, sarebbe un peccato limitarlo alle feste" specifica Massari. "Certo, è tradizionale ma bisogna ragionarlo in maniera differente:

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Il bussolà di Iginio Massari/Courtesy
tradizione non significa antico, tradizione è avere la storia dalla nostra parte ma attualizzarla portandola ai giorni nostri con le esigenza del quotidiano.

Le materie prime sono quelle di adesso certo, ma i profumi sono ancora quelli di allora: il bussolà ha la sofficità del burro che ricorda le nuvole, la dolcezza del limone del Garda, poi il sale che esalta tutte le particolarità dei lievitati e i profumi della farina" conclude il maestro Massari. Soffice e antico, per le colazioni delle feste. O per ogni volta in cui si versa il caffè, anche passato Natale.

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