L’arancino si sveste e cambia forma: è liquido!
Chef Guarneri del Don Camillo di Siracusa abbatte le barriere della tradizione per andare oltre, molto oltre.
La tradizione degli arancini in Sicilia ha origini antichissime, tant’è che si è appena conclusa la festività di Santa Lucia, dove l’arancino regna sovrano e la sua preparazione è un vero e proprio rituale.
Ma cosa rappresenta oggi la tradizione? Nella sua etimologia, tradizione è: dal latino tradere, composto di tra – oltre e dare – consegnare – trasmettere oltre. La tradizione è il passaggio di un patrimonio culturale attraverso il tempo e le generazioni. Ed è proprio in questo modo, andando oltre, che lo chef Giovanni Guarnieri del Don Camillo di Siracusa ha presentato, durante una cena conviviale delle Soste di Ulisse di qualche anno fa, il suo arancino liquido.
Questo piatto ne è l’emblema, oltre a rappresentare appieno l’identità culinaria di una città, di una regione, esprime la personale evoluzione della cucina del territorio dello chef Guarneri. Una cucina coraggiosa ed equilibrata, curiosa e sperimentale, senza mai abbandonare il patrimonio ereditato da una terra così florida di tradizioni culinarie ancestrali.
L’arancino liquido di Guarneri, dunque, ha fatto irruzione negli schemi della tradizione ed è andato oltre, abbandonando la sua forma originaria - rotonda, compatta, solida - per diventare una crema al cucchiaio, tutta da gustare. Il riso è diventato una crema di riso, in una cocotte che ricorda la forma dell’arancino, ma dove si sovrappongono uno ad uno tutti gli ingredienti tipici che lo contraddistinguono: ragù, vitello, canestraio fresco, per poi ricoprirli nuovamente con la crema e chiudere il tutto con una spolverata di crumble di pane fritto, a ricordare la panatura. Questa novità assoluta ha stravolto i canoni di uno dei piatti “intoccabili” della cucina siciliana, diventando un piatto di successo, entrando permanentemente “a gamba tesa” nel menù del Don Camillo.
Il Don Camillo è considerato, da 36 anni a questa parte, casa per qualunque buongustaio passi da Siracusa, una pietra miliare nella Sicilia Orientale, in cui accanto ai grandi classici, la ricerca non finisce mai di stupire. Allo chef piace osare e creare quelle che lui definisce le “nuove tradizioni”, accostando agli ingredienti rigorosamente autoctoni come lo zafferano dei Monti Iblei, il burro siciliano e il limone di Siracusa IGP, anche ingredienti “altri”, contaminazioni che rendono onore ad una terra che è a tutti gli effetti al centro del Mediterraneo e forse anche al centro del mondo, crogiolo per antonomasia di culture, costumi, tradizioni, popoli e lingue. Un patrimonio di contaminazioni per eccellenza: arabe, turche, normanne, greche, spagnole e così via; un melting pot culturale che ha come risultato, soprattutto in cucina, la condivisione, l’accoglienza a ciò che è “diverso”, ma allo stesso tempo la conservazione di tradizioni antiche, centenarie. È grazie a questo fortissimo legame con il territorio e alla sua evoluzione che il Don Camillo è protagonista in tutte le principali guide gastronomiche.
Nell’ultimo anno ha visto anche incrementare il punteggio nella guida dell’Espresso con un secondo Cappello (“picchi di creatività senza precedenti” è stato sottolineato dalla Guida nell’occasione) e si è visto attribuire la Corona Radiosa, massimo riconoscimento della Guida Gatti Massobrio.
Il Don Camillo continua a rappresentare anche la storia, mantenendo intoccabili alcuni piatti che hanno reso grande il ristorante e segnato i vari periodi della sua vita: dalla Crema di mandorle di Noto con gamberi in crosta nera, al Rotolino nero di scampi in salsa di ricci, o ancora, i famosissimi Spaghetti delle Sirene con gamberi e ricci.
Il “cambiamento” non cambia la tradizione, la rafforza. È un’opportunità, non una minaccia. E Chef Guarneri lo sa bene. “Chapeau!”
(Foto/Courtesy)