Gianni D’Amato: la grazia nelle avversità

Semplicità, essenza, materia, Liguria. Due stelle cucite sottopelle, quelle della Famiglia D’Amato, presenti oggi più che mai nella consapevolezza di come si fa davvero la ristorazione.

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“La cucina mi appartiene, è dentro di me, già da bambino ricordo quando il nonno cucinava e si sentivano i profumi giù dalle scale, questo è un ricordo che porterò con me per sempre e che, con le varie sfumature, cercherò di trasmettere a chi ha cercato sempre di seguirmi. Dedico tutto questo a Federico”.

Inizia a raccontarsi così Gianni D’Amato, attraverso la memoria di un viaggio che è iniziato con il profumo dei piatti cucinati dai nonni ed è arrivato in uno dei borghi più belli d’Italia e della Liguria, Tellaro.
A vederlo oggi, insieme alla moglie Fulvia Salvarani che gestisce la sala e al figlio Federico che lo affianca in cucina, ci si ritrova al cospetto di un uomo saggio, dal piglio curioso e dal desiderio di fare, prima di apparire.

Una famiglia generosa e accogliente proprio come il luogo che li trova operativi, una locanda storica che la Famiglia D’Amato ha rilevato lo scorso anno per tornare nella terra d’origine e andare avanti con la loro visione di ristorazione: emozionale, geografica, concreta.
Un ambiente pieno di garbo, una sala carica di luce e colore, di ombre tiepide marzoline, discreta ed elegante, in cui stare bene e sentirsi accolti come a casa. Al far della primavera si può pranzare nelle splendide terrazze, prenotando uno dei tavoli tra il frinire dei grilli e la luce soffusa delle candele e delle lampade antiche disposte sui tavoli.

Questo luogo che è “nirvana tra mare e cielo, tra le rocce e la montagna verde, dalle case lunghissime, altissime e strettissime” come lo definiva Mario Soldati che aveva scelto Tellaro come buen retiro, arriva tutto nei piatti proposti da Gianni e Federico D’Amato, che lo interpretano con rispetto e maestria in un’impronta chiara di benessere, semplicità e premura.

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La tecnica è una “langue” precisa e metodica che diventa “parole” emozionale e geografica; un dialetto ligure prezioso che strappa il linguaggio ai marinai, ai contadini, alla tradizione, in cui la grammatica dei gesti è qualcosa che rimane in cucina, rendendo il cibo un affare semplice e appagante.
Basti pensare alle entrée che preparano il palato in cui, tra una Mandorla di gamberi rosa e una Gola di baccalà dorata con marmellata d’arancia, si fa spazio il Ciuppin, una zuppa di pesce tipica del Levante che è pura didattica di umiltà.

Il piatto dell’Ostrica, primo assaggio del menù, è un viaggio virtuale in Bretagna, una merenda dell’ostricaio a base di ostrica cruda, vino bianco leggermente aromatico e salsiccia bianca. Viene reinterpretata sul nostro territorio: una salsiccia preparata nella zona di Carrara, un artigiano piccolissimo dopo Massa, che dona al piatto un’opulenza speciale che allunga la sapida dolcezza dell’ostrica. L’acidità è regalata dal Vermentino che rivisita una classica salsa al vino bianco. A chiudere una purea di ananas molto maturo per riprendere la dolcezza e la complessità. Un bellissimo odore salmastro tra i filari della Lunigiana.

“Ero vicino a La Rochelle. Alla mattina alle 8 andammo da un ostricaio a fare colazione con ostriche e Sancerre. Per me è stata una bellissima gioia, l’ho ancora nel cuore. Ha tirato su una cesta e ha iniziato ad aprire ostriche, accompagnandole con questo delizioso vino. Intorno a noi cielo, nuvole e oceano. Una poesia”

È nel senso del buono che Gianni D’Amato ha costruito ogni luogo gastronomico. Era così al Rigoletto a Reggiolo, il ristorante due stelle Michelin che è stato distrutto dal terremoto del 2012, ed è così a Tellaro. “Abbiamo sempre lavorato come pensiero sull’eccellenza. Da un giorno all’altro, in 24 secondi, ci siamo trovati a non aver più nulla dopo 25 anni di lavoro. Erano i miei 50 anni, festeggiati col botto! Mi sono svegliato alle 4.05 con un sussulto profondo. Difficile da provare, e per alcuni anni, anche oggi a essere sincero, mi svegliavo spontaneamente a quell’ora. Che si fa quando si perde tutto? Ci si rimbocca le maniche e si va avanti, anche scombussolati. Siamo arcigni e andiamo avanti, ho pensato” racconta Gianni, seguito a ruota da Fulvia “Io ho ancora in mente la mattina alle 6.00, seduti nella sala dell’albergo, disorientati a chiederci quali sarebbero stati i passi successivi. Potevamo solo decretare la chiusura del Rigoletto. Ce lo hanno transennato davanti agli occhi ed è stato molto brutto non poterlo riaprire”. Anche Federico, che nel 2012 era in sala al Rigoletto, ha un ricordo preciso: ““Io lavoravo in sala, ero in un periodo in cui dovevo capire quale strada percorrere. È stato difficile perché il sogno di essere un ristorante importante, rinomato, e tutto quello che hai creato svanisce contro la tua volontà e non sai cosa devi fare”.

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E cosa si fa quindi?
Si riparte, non da zero ma da zero più, come ama ripetere D’Amato Senior. Non si poteva più riaprire, le strade da percorrere erano solo due: smettere o continuare altrove. E loro hanno continuato, subito senza perder tempo, aprendo nel 2013 il Caffè Arti e Mestieri a Reggio Emilia e, nel 2021 tornando in Liguria. La famiglia è stata fondamentale, senza non si va da nessuna parte. “Oggi siamo una famiglia che cerca di portare avanti con onestà, passione e consapevolezza il bello di questo mestiere; ognuno ha il suo compito preciso. Siamo in un momento di passaggio, tra quello che era e quello che sarà, anche a livello generazionale” prosegue Federico. “Sono difficili i salti generazionali, complessi soprattutto nei caratteri forti; ma è proprio nel conflitto che si trovano spunti interessanti di confronto”.

“La bellezza della Liguria, questo cielo, questa luce, mi fa stare bene. Ne amo i sapori e gli ingredienti. Viviamo in questo paesino che è Tellaro dove ci si conosce un po’ tutti; per noi la regola base è che prima di avere, bisogna dare. Ecco perché ci stiamo donando generosi attraverso la nostra interpretazione di questo luogo. Abbiamo una persona che ci rifornisce di tante belle cose, di cose buone nella semplicità; cerca tutti prodotti selvatici, buoni davvero, genuini e mi fa sentire molto fortunato. Bisogna considerare un tempo lento, a passo con Tellaro e la sua aria magica” prosegue Gianni D’Amato.

Un lavoro, quello della Famiglia D’Amato, che risulta spontaneo, che vede la luce senza forzature, sia nel rapporto con i clienti sia in quello interpersonale che si respira, come quando si è ospiti di una bella famiglia la domenica a pranzo e li si saluta con nostalgia. I piatti nascono con la stessa naturalezza, in funzione del pescato del giorno o del raccolto del contadino, sia con l’opulenza dell’estate che con il rigore dell’inverno, in un flusso di coscienza che passa da padre in figlio. Così è un piacere per il palato assaporare Scampo e arachidi, un attimo prima di sostituirne la carnosità con un Gambero rosso, lupini e nocciola, servito in un freschissimo brodo di carciofi, entrambi semplicemente complessi.
Poi, intanto che il menù procede, la Terrina di pesce come un “Cappun magro” racconta di presenza, sostanza e memoria, il Risotto con prebuggiun e burro affumicato alle alghe esplode in bocca nella lunghezza delle erbe di campo un attimo prima che Occhione alla brace funga da “sorbetto” tra primo e secondo, con la sua consistenza morbidissima e quella componente amara di cedro e olive. L’animella poi, un attimo prima che il viaggio si concluda, parla di terra e mare nella sua consistenza robusta e salmastra.

“Un piatto nasce in maniera molto spontanea e poco ragionata, non ci metteremo mai una settimana a ragionare sulla creazione di un piatto. La nostra cucina vive di istinto, parte dal prodotto, dalle contaminazioni, come da pensieri o umori. Se vedo che faccio fatica a disegnare un piatto, a immaginarlo, allora significa che non è quello il suo momento. Credo in una cucina del territorio che vada divulgata e raccontata senza forzatura, o manierismi, sia dalla cucina che dalla sala. Se sei naturale le cose ti riescono senza fatica. Devi studiare, senza dubbio, ampliare la tecnica, ma se ce l’hai nel DNA risulta tutto più spontaneo” conclude Federico.

Semplicità, essenza, materia, Liguria.
Due stelle cucite sottopelle, quelle della Famiglia D’Amato, presenti oggi più che mai nella consapevolezza di come si fa davvero la ristorazione.

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