Lo scorso 2 agosto è scattato il “fermo pesca”, provvedimento legislativo che prevede il blocco biologico, uno stop totale delle attività di pesca per periodi che vanno dai 30 giorni fino a un massimo di 43, in base a comparti territoriali e tipologie di pesca, per dar modo alla fauna ittica di “recuperare” unità e di riprodursi, tutelando le specie marine più commercializzate.

Proprio in uno dei più conosciuti ristoranti di pesce in Italia, quest’estate non si mangerà pesce ma…carne. Perche questa scelta? In rispetto del “fermo pesca” in Adriatico, lo chef ha deciso di passare a un menu a base di asino, pecora, mora romagnola e qualche volatile, tutti provenienti da fattorie della zona, abbinandoli a conserve di pesce, molluschi e frutti di mare, la cui raccolta non è stata sospesa.

Questo è un modo per rispettare i ritmi della natura senza rassegnarsi alla merce importata, ulteriore peso per l’ambiente. Ma a questo punto non era meglio un menù vegetale? Lo chef ne sarebbe entusiasta, ma a quanto pare il pubblico no!

Bisogna guardare in faccia la realtà: le nostre abitudini sono ancora legate a uno stile di consumo non sostenibile. Vogliamo il pesce quando non c’è e il vegetale ancora ci spaventa. Dovremmo smettere di aspettarci di trovare in pescheria o al ristorante le stesse specie durante tutto l’anno e imparare a preferire i prodotti locali. Allo stesso modo dovremmo educarci a un’alimentazione vegetale non stigmatizzata come triste e povera. Se non ce la facciamo noi in Italia, che viviamo il cibo come centro del nostro io culturale, chi lo deve fare?
Jacopo si è adattato al momento e ha plasmato le sue ricette in base alla disponibilità, selezionando prodotti locali e tagli di carne anti-spreco, senza comprare pesce fresco da mari lontani. Per 45 giorni, chi andrà a Rimini da Lucio, fino a metà settembre, troverà un menu capace di ascoltare i tempi di ciò che mangia.