La Cucina Libera di AALTO

Un linguaggio gastronomico inedito: è la sintesi perfetta del concetto di Cucina Libera, l’essenza che si respira al ristorante Aalto. Un progetto che nasce dall'incontro di Claudio Liu e Takeshi Iwai.

Un linguaggio gastronomico inedito: è la sintesi perfetta del concetto di Cucina Libera, l’essenza che si respira al ristorante Aalto. Il progetto nasce da un’idea di Claudio Liu, ed assume una forma concreta attraverso l’incontro con lo chef Takeshi Iwai, una conoscenza che avvicina i lati umani e li lascia esprimere. Liberamente.

Claudio Liu nasce in Cina, ma la sua vita si svolge prevalentemente nel panorama italiano, dove è a capo di Iyo Group, brand di ristorazione milanese con quattro insegne, di cui due premiate da Michelin con una stella. Claudio è un autentico imprenditore visionario: comprende il diffuso bisogno di ridefinire i confini della cucina nota a tutti come “etnica”, si impegna al punto da essere in grado di svincolarla da ogni stereotipo ed elevarla ad esperienze gastronomiche pregevoli.

“La cucina di Aalto è libera da ogni definizione, libera da ogni modello prescritto. È libera di essere italiana, giapponese, entrambe le cose o nessuna delle due. Non traccia confini, esprime la possibilità di superarli.”

È una cucina innovativa che non necessita di un preciso riferimento geografico, o stilistico, per essere interpretata. È dove le materie prime, le tecniche, le ricette, ed i richiami culturali rivelano un mondo interconnesso e globale: non esistono confini di tempo e di spazio, ma la pura ispirazione dello chef che definisce incontri e accostamenti, ricerca gusti, nuove idee, con la naturalezza e l’immensa creatività di chi si serve di un pastello colorato per trasformare in opera d’arte un foglio bianco.

Le categorie, come gli stereotipi, sono strumenti che semplificano il modo di vedere le cose: categorizzare è facile, immediato, confortante, ma spesso i limiti stanno stretti, e un’esperienza gastronomica non nasce per rimanere ferma, incastrata in una sola forma e definizione. Per queste ragioni la cucina libera di Aalto si spoglia di ogni definizione, degli schemi prefissati. Non desidera l’innovazione di chi applica nuovi mezzi alle vecchie abitudini, nuovi nomi alle ricette tradizionali: Cucina libera non rimescola le carte in tavola, ma rivoluziona le regole di gioco.

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Da Aalto, qualità e sostenibilità sono i valori irrinunciabili. Si rifiuta la retorica del chilometro zero, del “fatto come una volta”, dei luoghi comuni in quanto tali, che non conoscono vie d’uscita e ricalcano con forza le differenze. Ma da Aalto, sono proprio quest’ultime le fonti di nuove ricchezze. La Cucina Libera, infatti, non è soggetta a contaminazione, non ha origini, non ha una patria: i legami, quindi, sono infiniti, consentono di attingere costantemente ad un patrimonio illimitato di conoscenze, tecniche, confronti, richiami, si è in grado di leggere l’innovazione ed i tratti prevalenti di una realtà in continuo cambiamento, perché tanta è la cultura e la creatività degli uomini su questa Terra.

Questa attitudine del guardare avanti consente di individuare le tradizioni ed il lessico corretto per scriverne una nuova, votata alla centralità del gusto e all’acquisizione di virtù inimitabili dalla concorrenza: la tecnica, la qualità, l’equilibrio, la delicatezza e l’eleganza. Aalto non ha bisogno di esibirsi, di ostentazioni, di storytelling ricercati per spiegare e forzare il contenuto di un piatto, solo così si può sorprendere con la semplicità del primo assaggio.

L’appartenenza a identità etniche diverse ricalca il fascino della libertà come filosofia del locale: il patron Claudio Liu è nato in Cina ed è cresciuto in Italia, lo chef Takeshi Iwai è giapponese ma vive e lavora nel nostro Paese da 14 anni. In comune c’è poi la mente aperta, la curiosità implacabile dei due, la passione per il proprio lavoro e l’allergia ai pregiudizi, alle categorizzazioni.

La stessa prospettiva con cui guardano il mondo consente di percepire un futuro sicuro per Cucina Libera. Le finestre di Aalto, al primo piano della Torre Solaria nel distretto di Porta Nuova, grattacielo residenziale più alto d’Italia, si affacciano su una nuova Milano, la sola città italiana in grado di ospitare il loro progetto innovativo all’interno di un dibattito gastronomico internazionale delle capitali mondiali del Food come New York, Londra, Parigi, Singapore, Bangkok o Shangai.

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Quella di Takeshi non è semplice definizione di cucina fusion, è un’esperienza gastronomica dovuta alla perfetta combinazione di culture diverse.

Al primo posto risiede la scelta della materia, che modella l’idea e ne permette l’evoluzione. Segue poi la selezione di contadini e fornitori, determinati secondo un minuzioso processo selettivo volto ad individuare le figure perfette. Successivamente, l’esecuzione si serve di metodi diversi, dai più antichi ai contemporanei, classici o rivisitati, con l’obiettivo di enfatizzare la massima espressione. Fermentazione, cottura alla carbonella (sumibiyaki), frollatura, essicatura, affumicatura, macinatura, aromatizzazione: un esercizio in equilibrio tra tecnica, precisione e ricerca fino al sapore, alla consistenza e al profumo voluti.

Il rispetto e il rigore di Takeshi sono frutto delle sue origini giapponesi, pervadono anche l’estetica e le tecniche utilizzate, macchiandosi poi di importanti principi di cucina italiana, della base di cucina francese che proviene dalle lezioni apprese dal Nord Europa, fino ad arrivare al lontano Sud America. I sapori trovano armonia, l’equilibrio perfetto tra le memorie natali, quelle di lunghi viaggi, di lezioni di cucina e di libri dell’università, di confronti, di chiacchiere con amici e giornate con la propria brigata.

“Mi piace sperimentare e creare per gli ospiti piatti sempre diversi, perché stupore e sorpresa sono ingredienti fondamentali, al pari delle materie prime”. Ed infatti il divertimento resta un elemento centrale nell’esperienza gastronomica di Aalto.

SPAGHETTI ALLA TSUKEMEN
La ricetta è il ponte che collega la tradizione italiana della pasta ai gesti della cultura giapponese, servendosi nella giusta misura di ingredienti provenienti da tutto il mondo. Lo Tsukemen è un piatto tradizionale in cui i soba si mangiano solo dopo essere stati inzuppati con le bacchette in una ciotola di brodo, un boccone alla volta.

Attraverso la filosofia della cucina libera, da Aalto diventano spaghetti di grano duro, serviti con recipienti di ingredienti affinchè l’ospite possa avere l’esclusivo piacere di creare combinazioni più variegate, appagare il proprio gusto, scoprirne di nuovi. Proposto in versioni differenti ad ogni cambio carta, il pattern della composizione trova ogni volta nuovi sapori e ispirazioni, come quelli di uno spaghetto alle vongole, ai ricci di mare con crema di porcini fermentati o in una cacio e pepe con ostriche-bushi grattugiato da intingere in un brodo in saor e completare con olio di pino e ginepro, guanciale di maiale e olio al caffè, sedano e lime-kosho.

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