La Toma è un formaggio a latte crudo che può essere morbido o semiduro, prodotto tra il Piemonte e la Valle d’Aosta. Un formaggio che solitamente non subisce una lunga stagionatura, ma Matteo sostiene che i sessanta giorni di invecchiamento, dopo i quali la toma può essere venduta, non sono abbastanza. Ogni settimana Matteo parte presto al mattino e si avvia su per la Valchiusella, a raccogliere le tome nuove dai vari casari con cui collabora. Alcuni gli vengono incontro a piedi, altri, che hanno i propri pascoli in luoghi più remoti, caricano le tome su una carrucola che arriva fino a fondo valle. Ogni produttore con cui Matteo lavora usa un latte diverso: intero, parzialmente scremato - rigorosamente scremato a mano - e scremato.
Le nuove tome vengono riposte su scaffali nell’anticamera della cantina, dove passano tre o quattro giorni ad abituarsi alla temperatura più bassa, ma un niente rispetto ai quattro gradi della cantina di invecchiamento! In tal modo, le forme subiscono uno shock termico minore una volta riposte nella cantina. Nel frattempo bisogna prendersi cura di tutte le forme che sono già nella cantina ad affinare, che in alta stagione arrivano ad essere seimila, ciascuna delle quali necessita di un trattamento manuale.
L’ambiente atmosferico della cantina è l’elemento più importante per l’invecchiamento del formaggio. Quattro gradi con una percentuale di umidità altissima, per permettere ai formaggi di subire un’evoluzione omogenea. Una volta terminata la fase di stagionatura, le tome vengono riposte in una cantina che ha la stessa temperatura, ma una percentuale di umidità bassissima, permettendo così al formaggio un invecchiamento più lento, privo di una significativa evoluzione.
Il lavoro principale di Matteo, in cantina, è quello di curare le tome ed assicurarsi che il formaggio risulti morbido e la crosta gestibile, anche su formaggi invecchiati per parecchio tempo. Si basa tutto sull’esperienza, sulla conoscenza tramandata da generazioni, che gli permette di capire la fase di evoluzione del formaggio soltanto guardandolo e tastandone la crosta. Ogni settimana le tome vengono lavate con acqua e sale, per mantenere i formaggi privi di batteri nocivi e per permettere un’evoluzione più omogenea e allo stesso tempo curarne la crosta. Infatti, Matteo mi spiega che il colore della crosta di un formaggio deriva dalle condizioni di una cantina e dai trattamenti a cui viene sottoposto. Osservando le tome poste in modo ordinato nella sua cantina si nota come si assomiglino tutte da un punto di vista cromatico, anche se ogni scaffale racchiude le tome di un produttore diverso. Questo è il risultato dello stesso trattamento.
È giunto il momento di degustare. Iniziamo col capire quali sono i fattori che influenzano la consistenza e il colore di un formaggio. Matteo ci racconta che la temperatura della cagliata - processo che avviene in alpe - incide sulla consistenza del formaggio. Riscaldando il caglio a temperature maggiori si ottiene un formaggio più duro, mentre se lo si riscalda a temperature più basse il formaggio risulta più morbido.
Per quanto riguarda il colore della pasta - ovvero l’interno del formaggio - varia in base a quello che ha mangiato la vacca: fieno, erba fresca, prati fioriti… Per questo motivo i formaggi prodotti da dicembre a marzo si assomigliano tra di loro: in quanto le vacche sono tutte in stalla e mangiano fieno. La differenza tra un produttore e l’altro è evidente da aprile a ottobre, quando le vacche sono al pascolo in alpeggio dove c’è maggiore biodiversità, tanto che nei mesi estivi il formaggio di un singolo casaro può addirittura variare ogni giorno.
Alcuni produttori appartengono allo stesso gruppo famigliare: figli o fratelli che hanno deciso di mettersi in proprio. Osservando attentamente gli scaffali ricolmi di tome si notano in effetti alcune somiglianze. Anche se i casari non producono un formaggio identico, si vede che le tecniche utilizzate, tramandate dalle generazioni precedenti, sono simili. Secondo Matteo, “la tecnica utilizzata per produrre il formaggio non si cambia, è come la calligrafia, una volta imparata rimane quella”.
È per questo motivo che Matteo ha deciso di chiamare ogni toma con il nome del produttore: per sottolineare la biodiversità che offre un luogo e le persone che lo abitano, e per celebrare l’artigianalità, che oggigiorno è un’arte sempre più rara.