Se la pizza al tegamino riscrive le regole pizzaiole di Torino

Nell’ombra per qualche decennio, la pizza torinese cotta in teglia ben oliata è tornata per riprendersi lo spazio che le spetta.

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Se non conoscete la pizza al tegamino non è colpa vostra. Nel pieno della tradizione sabauda, questa specialità torinese non ama mettersi in mostra, non sbandiera ai quattro venti la sua storia e lascia che i pochi che la incontrano durante le loro peregrinazioni cittadine si facciano portavoce della sua peculiarità.

A lungo i torinesi stessi l’hanno additata come brutto anatroccolo delle pizze, un po’ per la vitalità delle pizze napoletane e romane, un po’ perché molti locali storici della pizza al tegamino conservano un aspetto naturalmente vintage e poco instagrammabile. Io stessa, scrivendo questo articolo ho sbloccato un ricordo di quando, da piccola, mangiare la pizza al tegamino era un po’ una fregatura: valeva come giornata pizza, ma non era la pizza “vera”, che si sarebbe fatta desiderare per qualche altra settimana. Ma per fortuna la pizza al tegamino (o al padellino) ha resistito nell’ombra per qualche decennio e ora è tornata per riprendersi lo spazio che le spetta.

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La pizza al tegamino secondo Christian di Cinepizza a Torino/Giulia Grimaldi

Che cosa è la pizza al tegamino?

La pizza al tegamino (conosciuta anche come pizza al padellino) si chiama così semplicemente perché viene stesa dentro un tegame (o una padella) dal diametro di 20 centimetri circa, in alluminio o in ferro, senza manici, che poi viene messo nel forno per la cottura. L’impasto è più idratato di quello delle altre pizze e viene sottoposto a una doppia lievitazione. Questo tipo di pizza viene infatti preparato in due step: prima si stende l’impasto all’interno del tegamino oliato con olio d’oliva, poi lo si lascia riposare per circa 24 ore. Qualcuno lo fa riposare già coperto di salsa di pomodoro, altri mettono il pomodoro prima di infornare ma suddividono a loro volta la cottura in due parti, la prima solo rossa e la seconda con l'aggiunta della farcitura prescelta.

Ma è più corretto pizza al padellino o pizza al tegamino? Non è chiaro. Le ricerche portano a un vicolo cieco e democratico: che si dica un po’ come si vuole, in ogni caso si verrà capiti. Spesso sul menu compaiono entrambe le diciture. Tuttavia per amore della linguistica ho lanciato un sondaggio su Instagram, a cui hanno risposto esclusivamente torinesi, e dove “tegamino” ha battuto “padellino” con il 62% (motivo per cui in questo articolo si è scelto di utilizzare questa opzione).

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Il sondaggio campanilista-espressivo dell'autrice/Giulia Grimaldi

Da dove arriva la pizza al tegamino?

A Torino piace aggiungere un po’ di mistero a tutte le sue storie e questa non è da meno. Non è infatti chiaro chi l’abbia inventata. Qualcuno dice arrivi dalla Toscana, del resto la maggioranza delle prime pizzerie era gestita da ristoratori di questa regione. Questa teoria si avvale del fatto che la pizza al tegamino è tradizionalmente preceduta da un piatto di farinata, piatto diffuso in Toscana, ma anche nel basso Piemonte e ovviamente in Liguria. Altri dicono che fosse un esempio di efficienza torinese: preparando in precedenza la porzione nel padellino si accorciano infatti i tempi di preparazione, stratagemma utile nei momenti di maggior flusso.

I locali più antichi in cui si è diffusa questa pizza risalgono agli anni trenta del secolo scorso, ma il boom del tegamino è arrivato tra gli anni cinquanta e sessanta. Poi l’immigrazione dal Sud Italia, legata alle fabbriche cittadine, ha portato nuove tradizioni e la “pizza vera”, o “al mattone”. Qui la pizza torinese ha iniziato a ritirarsi in alcune roccaforti, come la pizzeria Cecchi in via Nicola Fabrizi, Da Gino in via Monginevro, Da Michi in via San Donato, da Poldo in via Dante di Nanni, da Mandis in corso Vercelli o Da Michele in piazza Vittorio.

Il sopravvento della moda del food e la riscoperta delle tradizioni legate ai prodotti tipici ha però fatto sì che dagli anni 2000 anche il tegamino abbia imparato a credere in se stesso. Ora lo si può trovare facilmente anche in pizzerie più giovani, magari proprio nate dai discendenti di chi è arrivato dal Sud e ha saputo abbracciare la tradizione locale (come Cinepizza, in via Reggio) o nate durante lo slancio della riscoperta del cibo locale (come Il padellino in corso Vinzaglio, Al tegamino in via Bogino o Salsa Rossa in corso Moncalieri). E poi, come sempre, ognuno ha la sua preferita, un po’ per il gusto, un po’ per l’atmosfera goliardica che contraddistingue questi locali, e che fa scoprire un aspetto inaspettato e sbottonato dei torinesi.

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La pizza al padellino dopo la seconda cottura/Giulia Grimaldi

Cosa ha di speciale la pizza al tegamino

Fino a qui non ho detto la cosa più importante: la pizza al tegamino è buonissima. Ciò che la differenzia di più da quella al mattone è la fragranza. Come abbiamo detto, il tegamino viene unto d’olio prima di adagiarvi l’impasto. Questo farà si che, durante la cottura, la base della pizza risulterà leggermente fritta, quindi croccante, mentre l’impasto più spesso sarà morbido. Un mix che può creare dipendenza. Inoltre questo tipo di pizza non ha praticamente crosta: il condimento arriva fino al bordo per cui ogni morso sarà intriso di gusto (e addio avanzare il cornicione nel piatto).

Se avete bisogno di una scusa in più, sappiate che la lunga lievitazione fa sì che il piatto, nonostante quella velatura di fritto, sia più digeribile. Se vi sembra piccola, non indugiate e ordinate anche la farinata: così il viaggio nella tradizione torinese sarà davvero completo.

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