Il gas russo è una componente chiave dei fertilizzanti: rischiamo la crisi alimentare globale
Il conflitto tra Russia e Ucraina avrà inevitabilmente ripercussioni anche sulla nostra vita di tutti i giorni. Abbiamo voluto intervistare persone che cercano di contenere le conseguenze di una guerra cruciale per l'agroalimentare.
Siamo nell’era delle connessioni, i social ci avvicinano, la nostra rete di contatti è la risorsa più preziosa e dal sostegno ricevuto dallo chef Cristina Bowerman, che non ha certo bisogno di presentazioni, arriva il nostro contatto diretto con Paul Newnham, convinto sostenitore che il cibo possa essere “un motore di cambiamento” oltre che direttore dell'SDG2 Advocacy Hub, che riunisce ONG, reti agricole, nutrizionisti, attivisti, società civile, settore privato e agenzie delle Nazioni Unite. Ha il compito di coordinare gli sforzi di advocacy per raggiungere l'SDG2 (Sustainable Development Goal 2) entro il 2030. Con lui collabora attivamente una comunità di oltre 240 chef provenienti da 38 paesi nel mondo, chiamati a immaginare un nuovo futuro all’insegna della sostenibilità.
Paul, quali potrebbero essere le conseguenze del conflitto tra Russia e Ucraina per il resto d'Europa?
Le prime previsioni di economisti e funzionari umanitari avvertono di un impatto a lungo termine che abbraccia i continenti. Lo sfollamento di massa del popolo ucraino – attualmente stimato a 2 milioni di persone e in aumento – rischia di scatenare una grave crisi alimentare non solo in Ucraina. Il WFP (una delle prime agenzie operative sul campo nelle emergenze mondiali causate da conflitti, shock climatici, pandemie e altri disastri) ha avvertito che questo conflitto potrebbe portare milioni di persone verso la povertà alimentare.
Torniamo per un attimo in Ucraina. E in Russia.
L'Ucraina è uno dei maggiori produttori di grano, mais, olio di girasole e orzo. Il conflitto ha un impatto diretto sulla capacità degli agricoltori ucraini di piantare per la prossima stagione. Secondo un recente studio dell'International Food Policy Research Institute (IFRPI), è probabile che il conflitto "creerà gravi conseguenze sui mercati globali" con impatti a breve termine per le forniture globali di cereali, mentre i corto circuiti dei mercati del gas naturale e dei fertilizzanti avranno un impatto sugli agricoltori di tutto il mondo, all’inizio della prossima stagione di semina.
Il presidente della commissione per la sicurezza alimentare mondiale (CFS), Gabriel Ferrero, osserva inoltre che l'incremento dei prezzi dell'energia, aumenterà ulteriormente i prezzi dei generi alimentari. La Russia è anche un importante produttore di cereali e le sanzioni che le sono state inflitte, a seguito dell'invasione, avranno un ulteriore impatto sui prezzi.
È importante notare che questo conflitto sta accadendo in un momento in cui i prezzi alimentari globali sono alti da un decennio a causa dello stress causato dalla pandemia di COVID-19 e dai cambiamenti climatici. È probabile che le interruzioni degli approvvigionamenti dall'Ucraina (come anche i danni alle infrastrutture chiave o la chiusura dei porti) abbiano un impatto sui paesi che dipendono dalle importazioni di cibo dall'Ucraina. L'IFPRI (Istituto internazionale di ricerca sulle politiche alimentari) stima, ad esempio, che il Nord Africa e il Medio Oriente, importi oltre il 50% dei loro cereali dall'Ucraina e dalla Russia.
Parliamo dei mercati. Si prevede un drastico e ulteriore aumento dei prezzi. Di quale ordine di grandezza pensi si possa parlare?
L'aumento dei prezzi dei generi alimentari danneggerà in modo sproporzionato i paesi e le popolazioni a basso reddito. Molti stanno ancora soffrendo per l'impatto economico del COVID-19 e l'aumento dei prezzi dei generi alimentari a seguito di questo conflitto potrebbe portare a un ulteriore aumento della fame e della malnutrizione, che ricorda la crisi dei prezzi alimentari del 2007/2008.
Sempre secondo l'IFPRI, i prezzi dei futures sul grano sono aumentati del 70% dall'inizio del conflitto, mentre finora i prezzi del mais sono aumentati del 20% e quelli della soia del 10%.
Quali materie prime saranno interessate?
L'Ucraina produce gran parte dell'olio di girasole, dell'orzo e del mais del mondo. La Russia e l'Ucraina costituiscono un terzo delle forniture globali di grano e sono poi grandi fornitori di petrolio e gas naturale, le cui esportazioni sono state interrotte. Ciò aumenterà i costi di trasporto che influiranno anche sui prezzi del cibo.
In aumento i prezzi dei fertilizzanti (già raddoppiati nell'ultimo anno), di cui la Federazione Russa è una delle principali produttrici a livello mondiale. Si “rischia” di non avere a disposizione le quantità di fertilizzanti necessarie per i prossimi raccolti?
La Russia rappresenta il 20% del commercio mondiale di gas naturale e proprio quest’ultimo è una componente chiave dei fertilizzanti. Da qui arriva l’avvertimento dell'IFPRI sull'aumento dei prezzi dei fertilizzanti, che potrebbe rendere questa importante componente agricola, inaccessibile ai produttori di tutto il mondo. Il rischio grosso che corriamo è di avere scarsi raccolti.
Un quinto del mais che sfama i nostri animali da fattoria (parlo per l'Italia ma non solo) arriva da Kiev. Che succede ora?
Nel breve periodo, sarà importante diversificare le fonti di mais e mangimi per animali e sostenere gli agricoltori, che in questa situazione pagano il prezzo più elevato. Nel medio-lungo periodo dobbiamo ripensare il nostro sistema alimentare. Il rapporto dell'IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, il gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, formato nel 1988 da due organismi delle Nazioni Unite) pubblicato la scorsa settimana, è stato in qualche modo oscurato dalla crisi ucraina e chiarisce come il cambiamento climatico stia già influenzando la sicurezza alimentare, la nutrizione dell’uomo e la produzione agricola, compreso il benessere del bestiame.
Gli shock dei prezzi, le interruzioni dell'offerta, come quella che stiamo vivendo ora diventeranno più frequenti solo a causa del cambiamento climatico. Punto interessante del rapporto è stato l’intervento dell'eurodeputato tedesco dei Verdi, Martin Häusling che ha suggerito all'UE che dovrebbe sfruttare l'interruzione del commercio ucraino per cambiare il suo modello agricolo incentrato sugli animali. Questa la sua chiusa: "Non è continuando ad allevare maiali e polli che riusciremo a produrre cereali. Pensiamo a costruire un sistema agricolo sostenibile".
In molti sostengono che si dovrebbe attuare un piano di emergenza per aiutare gli agricoltori e gli artigiani colpiti dal conflitto. Cosa si può fare concretamente?
Saranno necessari sussidi e altri supporti per sostenere gli agricoltori, in modo che la produzione alimentare non venga ulteriormente interrotta a causa degli elevati costi, nel momento in cui si proverà, o meglio si potrà, ripartire. È importante sostenere le famiglie a basso reddito, compresi i piccoli agricoltori. Certe “reti di sicurezza” sono fondamentali e vanno pensate in modo olistico.
Si occupa da sempre della trasformazione dei sistemi alimentari, perché siano sostenibili e inclusivi per tutti. In che direzione stiamo andando?
Avanti, spero. Il recente vertice delle Nazioni Unite, sui sistemi alimentari, ha riunito gran parte dei protagonisti del dibattito per discutere le sfide che dobbiamo affrontare e identificare le soluzioni che accelerino l'azione. Tutto il mondo sta iniziando a sfruttare questa nuova comprensione dei sistemi alimentari e lo slancio generato dal Summit sulla questione, ha portato all’ordine del giorno nell'agenda internazionale punti precedentemente rimasti in secondo piano. Ci restano solo 8 raccolti e 8 anni per raggiungere gli obiettivi di uno sviluppo sostenibile. Il cibo e l’approccio che abbiamo verso di lui svolgono un ruolo importante nelle crisi sanitarie e climatiche che dobbiamo affrontare, ma tale compito potrà essere esercitato solo se riusciamo a passare dalla conversazione all'azione.