Soffri di eco-anxiety? Keep calm, non dipende tutto da te

Manifestare preoccupazione e scoraggiamento di fronte a queste previsioni a dir poco nefaste è più che comprensibile. Che cosa possiamo fare, giunti a questo punto, per salvarci?

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Sulla gravità del cambiamento climatico il Joint Reserch Centre (JRC) ha pochi dubbi: “porterà a un aumento delle temperature, all'innalzamento del livello del mare, a modelli di precipitazioni alterati e a una maggiore frequenza di eventi meteorologici estremi come inondazioni e siccità” con un impatto significativo sulle risorse naturali, sull'economia mondiale e sulla salute umana. Ma non finisce qui, tutto questo infatti si verificherà “anche se il mondo raggiungerà l'obiettivo […] di limitare l'aumento della temperatura globale entro due gradi rispetto al livello preindustriale.” Neppure la COP26 usa mezzi termini nel delineare il futuro che ci attende: “Il clima sta già cambiando e continuerà a cambiare provocando effetti devastanti anche riducendo le emissioni.”. Insomma, siamo spacciati e non possiamo neppure dire di non essere stati avvisati per tempo. Il dramma però è che giunti a questo punto qualsiasi sforzo attueremo sarà quasi vano.

Manifestare preoccupazione e scoraggiamento di fronte a queste previsioni a dir poco nefaste è più che comprensibile. Che cosa possiamo fare, giunti a questo punto, per salvarci? Il domani ci appare sempre più imprevedibile. Ha ancora senso progettare il futuro? L’incertezza ha intaccato ormai qualsiasi ambito delle nostre vite. Mille dubbi ci assalgono, fino a minare le nostre fondamenta esistenziali. Come se non bastasse, sopraggiunge infine anche il senso di colpa: con le nostre azioni quotidiane stiamo ulteriormente contribuendo a questa ineluttabile catastrofe? Con vergogna ci domandiamo che razza di mondo stiamo lasciando ai nostri figli. Esplode la rabbia, cadiamo vittime dello sconforto, sprofondiamo nella disperazione.

È il fenomeno dell’eco-anxiety, un distress psicologico legato alla sensazione che le basi ecologiche della nostra esistenza siano in procinto di collassare. Gli esperti definiscono l’eco-anxiety un'emozione morale che scaturisce da una valutazione accurata della gravità della crisi ecologica. Percepiamo una minaccia ecologica pendere sulle nostre teste come la spada di Damocle, tuttavia non sappiamo quando, dove e come la prossima sciagura ecologica si abbatterà sull’umanità. Un pericolo indefinito ci attende, ma come possiamo controllare l’imprevedibile? Ecco dunque il manifestarsi di preoccupazioni, paure e ansia, alle quali si aggiunge la frustrazione derivante da un profondo senso d’impotenza.

I sintomi connessi all’ansia ecologica possono essere vissuti con tale intensità da condurre persino a stati depressivi, tuttavia gli esperti raccomandano di non patologizzare il fenomeno e di fare molta attenzione a non confondere una ragionevole preoccupazione per la crisi ecologica con manifestazioni psicologiche di altro tipo. È altrettanto vero però che una maggiore sensibilità individuale e specifiche condizioni di vita possono favorire lo sviluppo di forme di eco-ansia più gravi. Chi per professione sperimenta quotidianamente sulla propria pelle le conseguenze della crisi ecologica ne è certamente più esposto, come gli esperti di tematiche ambientali e di sostenibilità, ma anche gli agricoltori e più in generale tutti coloro che svolgono la propria attività a stretto contatto con la natura.

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A complicare ulteriormente il quadro si aggiunge la sovraesposizione mediatica a informazioni inquietanti sui disastri ambientali cui siamo frequentemente sottoposti. Se da un lato questa iperstimolazione può incrementare ansia e stress, dall’altro può anche generare indifferenza e banalizzazione. Così abituati a ricevere notizie allarmistiche, l’ennesimo avviso sull’emergenza climatica ci scivola addosso senza neppure sollecitare il desiderio di un approfondimento. È lecito chiedersi se siamo realmente informati e consapevoli della gravità della situazione oppure soltanto vittime inconsapevoli del bombardamento mediatico. Ma è davvero possibile rimanere insensibili a tutto ciò che accade attorno a noi? Ammettiamolo, non è affatto facile accettare l’esistenza di una minaccia potenzialmente annientante o la possibilità di andare incontro a un cambiamento radicale delle nostre vite, quindi perché non rifugiarsi nella soluzione più rapida, ovvero il rifiuto? La negazione (la crisi ecologica non esiste) e il diniego (sì, esiste ma non è poi così grave come dicono), attuati più o meno inconsciamente a scopo difensivo, non fanno però altro che generare nuova ansia, instaurando un circolo vizioso senza fine. A ciò si aggiunge la piaga del negazionismo, ovvero la diffusione intenzionale di fake news al solo scopo di sostenere interessi politici ed economici. Ce lo raccontava già Internazionale nel lontano dicembre 2012 con questo titolo in copertina: “Siamo fritti - La grande industria paga gli esperti per convincere l’opinione pubblica che il cambiamento climatico non esiste.”.

Per arginare gli effetti della crisi ecologica globale ci viene chiesto insistentemente di agire su più fronti: ridurre i consumi, evitare gli sprechi, limitare la produzione di rifiuti, riutilizzare e riciclare, acquistare locale e stagionale, mangiare questo anziché quello, comprare questo e non quell’altro e molto altro ancora… Siamo ripetutamente esortati ad adottare uno stile di vita più sostenibile e così frequentemente sollecitati ad attuare al più presto una rivoluzione ecologica nelle nostre vite che quasi senza rendercene conto rischiamo di venire sopraffatti dal peso di enormi responsabilità, come se la sorte dell’intero genere umano risiedesse nelle nostre mani, come se tutto dipendesse esclusivamente dalle azioni di noi singoli individui. Siamo eccessivamente responsabilizzati e allo stesso tempo abbandonati a noi stessi. Chi non proverebbe almeno un po’ d’ansia in queste circostanze?

Non ci sono dubbi: la crisi ecologica ha un impatto sulla nostra salute mentale e poiché realisticamente non potrà essere risolta nel prossimo futuro non ci resta che trasformare l’eco-ansia in resilienza. Attivismo e iniziative locali possono senz’altro essere utili nell’alleviare la frustrazione e il senso d’impotenza che nascono dal confronto con le dimensioni globali della crisi ecologica e vanno senz’altro incoraggiati, tuttavia non dovremmo sottovalutare il peso delle forze politiche ed economiche in gioco, le quali inevitabilmente tendono a prevalere sul volere del singolo. Se è vero che “da un grande potere derivano grandi responsabilità”, allora spetta sopratutto ai governi, alle istituzioni e ai grandi attori economici che agiscono a livello globale intervenire in modo incisivo per trasformare la crisi ecologica nella più grande (e forse ultima) occasione per rivoluzionare gli attuali (e insostenibili) paradigmi economici, politici e sociali.

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