Il Tortellante in trasferta a Torino
Per la prima volta il progetto sociale di Massimo Bottura e Lara Gilmore esce dai confini modenesi per farsi matrice.
Pasta liberi tutti è il claim con cui i ragazzi del Tortellante si sono presentati a Torino, per la loro prima trasferta ufficiale da Modena. All’ombra della Mole, nella sala Duecento di Eataly immersa all’interno del Museo Carpano, il fondatore Massimo Bottura (che lo ha creato con la moglie Lara Gilmore) e la presidentessa del Tortellante Erika Coppelli hanno battezzato l'uscita dai confini modenesi, facendosi portavoce della scuola di produzione di qualità, anche sociale, inclusiva, utile. Un laboratorio terapeutico-abilitativo dove ragazzi autistici imparano a confezionare pasta fresca fatta a mano. “Scegliere il tortellante è un’azione di libertà e cambiamento” esordisce Massimo Bottura nel suo Q&A con il pubblico presente, affamato di curiosità.
"Eravamo un piccolo gruppo all'inizio. Siamo partiti in una scuola che il comune aveva messo a disposizione nei sobborghi di Modena. Da lì ad oggi, è cambiato tutto. Le sfogline sono triplicate, i ragazzi sono cresciuti, i macellai in pensione vengono per fare il pesto segreto, che è il cuore dell'impasto, il Consorzio del Parmigiano ci lascia scegliere il Cru che preferiamo. E la regola è sempre quella: il più buono (prodotto) entra a far parte del progetto. Non facciamo sconti a nessuno. Dopo quattro anni di esperienza abbiamo deciso che i tortellini erano davvero straordinari, ed era il momento di portarli in giro per l'Italia" ha raccontato Bottura.
Alla domanda su etica&cibo, ma il cibo più "giusto" è anche il più buono?, lo chef dell'Osteria Francescana non ha dubbi: "Per me sì. E ci credo fermamente. Le scelte che faccio ogni giorno sono basate sull'etica del lavoro. Nei campi di Casa Maria Luigia – il relais ricettivo alle porte di Modena – produciamo il farro, l'orzo, il grano, le erbe aromatiche, abbiamo gli alberi da frutto, l'orto e la panetteria. Ed è tutto parte di quello che per me è un grande progetto famigliare. Etica ed estetica sono una cosa sola".
A chi obietta che non ci sia nulla di avanguardistico, o al limite nuovo, in questo approccio, Bottura replica con fermezza: "Avanguardia non è la ricerca spasmodica e forzata del gioco di prestigio. Devi fare qualcosa che colpisca nell'anima, in maniera profonda. E l'ho imparato prendendo scelte difficili. Durante l'Expo abbiamo creato i Food for Soul (i 15 refettori in giro per il mondo definiti dallo stesso Bottura come “ristoranti per i poveri”, ndr) che l'anno scorso hanno registrato mezzo milione di piatti preparati. Rappresentano una lotta allo spreco alimentare e all'isolamento sociale, ma sono anche una lotta alla ricostruzione della dignità delle persone attraverso la bellezza. Con la quale, come diceva Albert Camus, non si fa una rivoluzione, ma un giorno la rivoluzione avrà bisogno della bellezza per ricostruire. Quindi, io credo nel bellissimo e buonissimo. Il succo di tutto risiede nella bellezza e nella bontà, che ritrovi anche in questi gesti sociali. Come diceva Joseph Beuys: la rivoluzione siamo noi".
E il progetto del refettorio di Torino, non più messo in atto? "Avevamo ormai definito le questioni relative al progetto. Poi si arenò tutto perché pare che ci fosse stata una fuga di informazioni e avessimo bruciato la notizia. Torino è la città ideale per un refettorio, quindi noi siamo pronti per ripiantare quel seme. Chissà che l'amministrazione attuale abbia una sensibilità maggiore rispetto alla precedente".
Per Erika Coppelli, presidentessa del Tortellante, la bontà dell'idea procede su un binario parallelo: "È un progetto dalla doppia anima, una palestra di autonomia, perché i ragazzi vivono in quella che è di fatto una casa bottega. È nato nel 2016 nella piccola stanza di un'associazione. Siamo genitori di ragazzi autistici e sentivamo il forte bisogno di creare e costruire un futuro dignitoso per loro. Finita la scuola purtroppo abbiamo constatato che c'è una sorta di vuoto sociale, che va riempito. La nostra equipe scientifica studia un progetto che calzi su ogni ragazzo, perché sono tutti diversi, lo spettro autistico è molto variegato" racconta Coppelli. "Lavoriamo con le rezdore modenesi, le sfogline che sono il motore del progetto. Non solo insegnano l'arte del fare la pasta fresca, ma hanno anche quella sensibilità unica che solo l'amore di una nonna può dare. Ci piace pensare che disabilità e terza età abbiano in comune la necessità di inclusione, di integrazione e di sentirsi ancora utili" spiega la presidentessa.
L'abilità nella chiusura del tortellino non è qualcosa di immediato, eppure è diventato "il prodotto più rappresentativo del territorio, una bandiera nel mondo. Ma è chiaramente una sfida, come di fatto è tutto il progetto. Non potevamo metterci in gioco con qualcosa di troppo semplice. Volevamo dimostrare che i nostri ragazzi possono essere una risorsa per la società, non un peso, e che sono in grado di affrontare temi complessi, come la realizzazione dei tortellini" continua Coppelli.
Col Tortellante lavorano in tutto venticinque ragazzi dai 18 fino ai 26 anni: "Il progetto è autofinanziato attraverso eventi e sponsor che credono in noi. I proventi arrivano direttamente dalla vendita dei tortellini. Non godiamo di accreditamenti regionali o comunali. Siamo partiti dalle mense aziendali, che sono un canale più semplice. La vendita al dettaglio risente della stagionalità del prodotto. Il tortellino, infatti è ancora associato più alla stagione fredda, invece le mense li servono tutto l'anno".
E se il modello Tortellante diventasse scalabile dalle altre regioni, tipo Agnolottante per il Piemonte? "Non solo penso che sia possibile replicarlo, anzi, penso che dovrebbe essere replicato. Perché quel vuoto post scolastico riguarda tutta Italia. Da genitori, abbiamo l'obbligo morale di non relegare i nostri ragazzi in un parcheggio assistenziale" conclude Erika Coppelli. "Quindi se guardo al Piemonte, l’Agnolottante potrebbe essere un’ottima idea".
(Foto di apertura Federico Cardamone)