Andare oltre il riciclo: Douglas McMaster, uno chef “zero-waste” la cui missione è non riciclare niente
Douglas McMaster è uno chef con una visione quasi unica: le sue idee potrebbero non essere nuove, ma la sua capacità di farle diventare reali ha dello straordinaria.
L’etica “zero waste” del suo ristorante, Silo, ha raggiunto vette impensabili. Guidato dal desiderio di cambiare il modo in cui le persone pensano alla sostenibilità, il suo ristorante è diventato un modello da imitare, un esempio brillante di circuito chiuso di processi di produzione alimentare, che implementa le tecniche più avanzate di eliminazione della creazione di rifiuti che un ristorante può avere. Ogni dettaglio viene dalla fonte di produzione diretta: la farina, il burro e molti altri ingredienti sono prodotti in loco, e il ristorante è stato progettato e realizzato con materiali riciclati da cima a fondo. È il sogno di un futuro dove niente è sprecato, e il piatto rappresenta totale rispetto all’ordine naturale delle cose.
Com’è iniziato SILO?
La persona che ha ispirato l’idea dietro Silo è Joost Bakker, che per me è un vero genio, l’essere umano più incredibile al mondo. Nel 2011 è venuto da me e mi ha chiesto «Potresti evitare di avere un cestino dei rifiuti?». All’inizio ero perplesso da questa domanda, un po’ provocatoria un po’ al limite dell’astratto. Me l’aveva fatta proprio poco prima che si iniziasse a parlare di sostenibilità come trend, e non capivo bene cosa volesse dire. E quindi ho risposto «Sì, posso evitare di avere un cestino dei rifiuti.»
In quel periodo lavoravo in uno dei migliori ristoranti Australiani e non avevo compreso davvero cosa mi stesse chiedendo. La mia preoccupazione era andarmene da quell’ambiente incredibilmente tossico in cui lavoravo. Inconsapevolmente, avevo bisogno di staccarmi da quell’atmosfera negativa, e quando Joost mi ha mostrato le sue idee mi sono sentito immediatamente connesso a lui.
Nel 2012 abbiamo lanciato il pop-up di Silo a Melbourne. E prima di realizzare il sogno di trasferirci a Londra, Silo ha testato la sua formula a Brighton per 5 anni.
L’evoluzione del ristorante è stata radicale, dato che è cambiato il concept dall’essere il brunch in perfetto stile Melbourne all’essere uno dei ristoranti più sexy di Londra con una cucina minimalista e raffinata. Il luogo è squisito, è tutto fatto con materiali riciclati e ogni cosa racconta una storia diversa.
Cosa determina il menu in uno dei ristoranti più sexy di Londra?
Guarda, innanzitutto vorrei sottolineare che trovo ugualmente importante quello che succede fuori dal piatto. Se prendi in considerazione il cibo come viene presentato su Instagram, non vedi quello che succede fuori dal graziosissimo piatto che ti viene mostrato. Vedi solo il risultato finale di tutti gli elementi messi assieme, ma quello che succede fuori è importante quanto quello che succede sul piatto.
Io vedo un piatto come delle foglie su un albero: non puoi ignorare i rami, la corteccia, le radici, perché hanno contribuito a creare le foglie. Il buon cibo non esiste senza tutti gli elementi necessari e lo sforzo. Cacciatori, pescatori e fornitori vari ci procurano ingredienti coi quali produciamo farina, formaggio, pane, yogurt. Lavorare così cambia il modo in cui pensi al cibo: il prodotto finale creato è unico. Un porro, per esempio, non è solo un porro, ma è il prodotto dell’attenzione e del rispetto che ha ricevuto. Se presentato assieme a molti altri ingredienti, non sarebbe rispettato per il tipo di prodotto che è. Questo significa che meno mettiamo sul piatto, più attenzione diamo a esso. Il piatto che abbiamo creato con questo porro è unico: lo serviamo al vapore con un garum di seppia di due anni fa. Il sapore ti racconta una storia unica, straordinaria, ma modesta e minimale, sull’onorare l’intero sistema naturale, l’incredibile ammontare di lavoro fatto per ottenere quest’armonia di sapori, la strada che gli ingredienti hanno fatto per arrivare al piatto. Riesce a farti ricordare cose che non hai mai provato, nonostante sia composto solo da due ingredienti: porro e seppia. Dunque il cibo è il prodotto dello sforzo di un intero sistema.
Il fine dining può essere zero waste?
Potrebbe sembrare un trend momentaneo ma non lo è, è l’unico modo in cui può esistere il futuro. Un quinto dei terreni del mondo è danneggiato a causa dell’industria agricola. Questo ha causato inquinamento da parte della plastica e problemi di salute causati da cibi processati, e stiamo per raggiungere un punto di non ritorno nel quale accadono catastrofi mondiali. Dobbiamo adattarci a un sistema che rispetta la natura - puoi chiamarlo zero waste, sostenibilità, impegno per l’ambiente, ma è il futuro. Altrimenti, futuro non ce ne sarà affatto.
Avere un orto vuol dire essere sostenibile?
Abbiamo sentito tantissime storie così, ma la realtà è che di solito i prodotti dell’orto rappresentano meno dell’1% di quello che mangiano i clienti. Però Blue Hill a Stone Barnes, o Farm of Ideas sono degli ottimi esempi. Avere un orto di per sé non significa essere sostenibili, però promuove un buon messaggio, un messaggio che gli chef hanno il potere di mandare. Diciamo che è un trend che riporta la natura al centro dell’attenzione.
Il malinteso più grande sulla cucina “zero waste”
Il piatto col porro che ho descritto prima non è percepito come piatto zero waste da molte persone, ma in realtà si tratta esattamente di questo. La percezione sociale, che mi ha frustrato molto, negli anni, è che se dici “Non dovresti usare gli scarti del porro, solo la parte principale”, non si tratta di zero waste.
La cucina “zero waste” non consiste nel cucinare gli scarti - quello non è uno spreco, stai semplicemente cucinando il resto del prodotto.
Quando trasformi la panna in burro, dovresti tenere in considerazione il latticello rimanente, per creare qualcosa come un garum, o un dulce de leche, o una salsa.
Non si tratta solo di usare il latticello: si tratta di usare tutto in modo olistico, senza sprecarlo. Questa è la parte frustrante del non comprendere appieno il zero waste. Quando i giornalisti mi chiedono di condividere una ricetta zero waste, spesso è frustrante perché so già cosa si aspettano, qualcosa tipo un pesto di carote: e io non gli do piatti del genere.
Può un ingrediente di lusso essere sostenibile?
Non riesco a procurarmi ingredienti del genere a Londra. Se il caviale dovesse essere prodotto in maniera tale che tutta l’energia che serve per far crescere lo storione sia rinnovabile, se non ci sono sprechi o danni di sorta… se c’è un modo naturale e rigenerativo per allevare lo storione e raccoglierne il caviale, se non è coinvolto l’utilizzo di plastica monouso e la consegna avviene senza complicazioni, allora va bene. Con una filiera che segue questi passaggi, puoi avere qualsiasi ingrediente di lusso nel mondo.
Quali capacità dovrebbero avere gli chef “zero waste”?
Quando ho lasciato l’Australia nel 2013, Joost e io stavamo lavorando insieme al progetto di SILO, e lui mi ha incoraggiato ad andare avanti. È stato lui a regalarmi il libro “One straw revolution”, che parlava di agricoltura rigenerativa e del rapporto tra cibo e ambiente. Nel modo più tenero possibile, c’era un incredibile racconto della sostenibilità. Ha decisamente cambiato la mia prospettiva sulle cose. Anche i TedTalk di Dan Barber, “How I fell in love with the fish”, e “Foie Gras parable”, hanno influenzato la mia decisione di scegliere una carriera sostenibile.
Quest’ultimo processo di apprendimento sosteneva che l’approccio migliore fosse provare e riprovare, provare e fallire. Col tempo ho fallito di meno e ho avuto sempre più intuizioni su cosa avrebbe funzionato. SILO è un tempio di idee: condividiamo le nostre conoscenze in modo che le persone non abbiano bisogno di passare quello che abbiamo passato noi.
Qual è il ruolo degli chef nella propaganda zero waste?
Il cibo è il punto d’incontro: ci connette, è una forma d’arte, una parte essenziale delle nostre vite. È un aspetto di noi così enigmatico e, allo stesso tempo, oggetto del nostro desiderio. Sarebbe giusto dire che gli chef creano dei momenti quasi sovrannaturali, col cibo. C’è una quantità di pressione sugli chef per questo motivo. Come architetti di questi piatti, hanno il potere di prendere decisioni su cosa sta succedendo sul piatto. Ugualmente, la pressione è anche sull’agricoltore. Lo chef è sotto i riflettori e può decidere cosa fare col cibo, hanno più potere per il futuro del cibo.
Per la cucina zero waste, la fermentazione è al centro del processo. È il modo definitivo per riciclare i rifiuti alimentari: riesce a far brillare le parti sprecate e inutilizzate del piatto.
Cos’è Future Food System?
Future Food System house è il progetto di Joost Bakker, Jo Barrett e Matt Stone. Il loro obiettivo è di rendere le città e le periferie delle fattorie urbane in grado di sostenersi da sole.
Joost Bakker, menzionato in precedenza, è un ambasciatore australiano del design futuristico zero-waste, e questo suo progetto, Future Food System, cerca di immaginare una casa produttiva che non crei rifiuti, aperta al pubblico da visitare a cena o a pranzo. Si trova proprio nel centro di Melbourne.
Per me, questo è il futuro. Se non dovesse diventarlo, sarà a causa di tutte le complicazioni causate dalle strutture di potere governative, societarie e nella distribuzione delle informazioni. Ci sono molte entità con molto potere che non sono favorevoli a questo tipo di iniziativa, perché non ne giovano.
Non penso che questo progetto o SILO diventeranno presto mainstream. Comprendiamo che le persone non riescono a vedere la natura e la salute del pianeta come una priorità. Tuttavia, il zero waste è il futuro, anche se la strada per ottenerlo sarà lunga e tortuosa.
Qual è l’esempio più calzante della difficoltà di trovare la giusta armonia per un ingrediente?
C’è un sandwich al gelato sul nostro menu. È fatto da tutti gli scarti del pane e del burro. La crusca rimasta dalla macinazione della farina, il latticello e il pane di scarto sono gli ingredienti principali.
Il pane sprecato è stato un nostro problema per anni: abbiamo provato a trasformarlo in miso, ma non siamo riusciti a tenere il passo con la quantità di rifiuti. Quindi, abbiamo progettato un dessert incredibile per contenere tutti quegli sprechi.
Il gelato al dulce de leche è fatto con il latticello di scarto. Creiamo il latticello, la crusca setacciata viene trasformata in due cialde che sanno di popcorn e il pane di scarto viene messo a bagno in acqua per tre giorni, quindi scolato, e il brodo liquido viene poi ridotto in una sostanza un po’ sciropposa, nera e salata, da versare sul gelato. È un'incredibile combinazione del dolce del dulce de leche, del salato dei wafer popcorn e dell’umami dello sciroppo.
È un dolce intelligente e poetico. Essendo l'ultima portata, è costituita dagli scarti della prima portata.
Riciclare è grandioso, ma non è sufficiente, e il problema non è solamente di noi consumatori. Da consumatori, la miglior cosa da fare è continuare a riciclare; eppure i metodi di riciclo differiscono molto di nazione in nazione.
C’è un sacco di spreco nel riciclo, e c’è anche tanta energia che viene utilizzata dal sistema del riciclo che non è efficiente. Uno dei più grandi problemi è che l’impatto è enorme, e il valore rimane molto basso.
L’impatto che si ottiene dal riciclare una bottiglia di vino equivale a dare un pugno in faccia alla natura giusto per avere un’altra bottiglia. Sicuramente riciclare è meglio di buttare qualcosa in un fiume, diciamo così, ma teniamo in considerazione il sistema. Riciclare è trasformare qualcosa che è morta nella cosa che era quand’è nata: una lattina diventa una nuova lattina. Così il valore rimane circa lo stesso. Mentre l'up-cycling, che io chiamo “nuovi rifiuti”, prevede la creazione di un nuovo materiale, come per esempio convertire del valore di una bottiglia di vino vuota a costo zero in un piatto da 30 euro realizzato con il minimo impatto sul pianeta.
L’obiettivo della mia vita è riuscire a creare un sistema molto più sofisticato in cui non ricicliamo nulla. Sì, possiamo dire che il mio sogno è di non riciclare.
Voglio che SILO sia un progetto per il futuro: voglio che altri ristoranti possano utilizzare la nostra esperienza, dare alle persone le informazioni per fare il possibile per cambiare il sistema, offrire esempi concreti per il futuro del cibo. Questo è ciò che rende SILO unico: il sistema.
La nostra ultima iniziativa comprende la ceramica. Schiacciamo ogni bottiglia di vino o d’acqua per creare una materia prima simile alla sabbia fine; la maciniamo in polvere per ottenere un prodotto dal vetro. Creiamo stoviglie, piatti, piastrelle, lampade, prodotti di alto valore. Questo significa provare a chiudere un cerchio su un materiale monouso che fa parte del nostro sistema. È tutto ancora in fase di sviluppo, per ora trasformiamo 10 bottiglie di vino in qualcosa di nuovo ogni settimana. Vendiamo quei prodotti per pagare la produzione, in modo da far funzionare economicamente il sistema.
L’uovo zero waste
Un uovo zero waste? Basta prendere un uovo da una buona fattoria, che alleva all’aria aperta.
Prima ho parlato di agricoltura rigenerativa: un buon esempio è il pascolo a rotazione. C’è un famoso agricoltore, Joel Salatin (definito da TIME come “l’agricoltore più innovativo al mondo”) che è famoso per aumentare la produttività della sua terra grazie alla rotazione degli animali al pascolo e alla diffusione del compost. Si tratta di una pratica iniziata in Europa secoli fa: i polli spargono il fertilizzante attraverso il campo, oltre a mangiare le larve e i vermi (la dieta migliore per loro), che sono gratis. E inoltre, si mitiga il danno che le mosche potrebbero fare agli animali. Questi polli sono rigenerativi - si dovrebbero prendere le uova proprio da loro.
Il mio modo preferito di cucinare un uovo fresco… io uso una padella rovente, così l’albume rimane rigido e si scotta velocemente. Poi cuocio rapidamente delle cime di porro tritate nel burro. Quando l’albume è croccante, si aggiungono le cime dei porri, si spruzza un po’ di garum, poi pesce o del pollo, e poi del sale croccante.
Questo, per me, è il modo migliore per cucinare un uovo in modo delizioso, rigenerativo e senza sprechi.