Vendemmiare tra i palazzi, riscoprire cru perduti, viaggio lieve tra le le vigne urbane nel mondo e in Italia.
Non importa quanti volti abbia Torino. Che la si immagini grigia e industriale, notturna e controcorrente, agghindata di luminarie per Natale o tenue e poetica d’autunno, in ogni immagine che cercherete di evocare nella vostra mente, svetterà la Mole Antonelliana. Sarà schiacciata tra le vie del centro, cortesemente allineata sul tipico fondale alpino o, se proprio avete la tendenza a guardare le cose da una nuova prospettiva, la vedrete dall’interno, quando si fa stretta e dorata mentre l’ascensore trasparente punta a sfondarle il tetto per portarvi in cima. Ecco perché non posso cancellarmi dagli occhi la visione della Mole che emerge tra i filari di vite.
Perché in Piemonte non ci sono dubbi: Torino qui è la grande città, la metropoli (milanesi, romani, napoletani non sorridete), il luogo dove stanno i palazzi, i tram, le fabbriche, i festival e lo smog, persino una linea di metropolitana ad avvalorare il concetto. Il vino, invece, con le colline rigate di terra, le foglie che contano le stagioni e i pregiati grappoli, sta in campagna, che sia Langa, Monferrato, Roero o quel che vi pare. Ma c’è una realtà che ha fatto quel lavoro che si rivela sempre vincente, di imparare dal passato e creare innovazione recuperando le cose belle ed efficaci della tradizione. Ed è lì che ho visto la Mole tra i filari e la tradizione vinicola nel cuore della città, dove non risultava per nulla fuori posto.
Giulia Grimaldi
L'uva in città, la Vigna della Regina
A Villa della Regina, Patrimonio dell’umanità UNESCO dal 1997, è ritornata la Vigna che qui era stata immaginata dal principe Maurizio di Savoia all’inizio del Seicento. A guardarlo da Corso Vittorio ora, il bianco abbraccio della villa tende un po’ a perdersi tra le numerose costruzioni della collina, ma basta sbattere un paio di volte gli occhi per immaginare il "grande appezzamento di vigneto popolato da piante fruttifere" così come era stato progettato. Questo serbatoio di campagna alle porte della città portava "miglioramenti rilevanti a somme considerevolissime", comprendenti anche il "piantamento d’Arbori e Viti".
Il valore della villa e della sua vigna restarono inalterati fino al 1867, quando il versante destinato a vigneto e l’intero giardino furono invasi da piante infestanti che ne determinarono la scomparsa dal panorama cittadino. Arrivarono poi le guerre e l’abbandono, soltanto recentemente riscattati, ma riscattati in grande. Dal 2006 l’operazione di reimpianto del Vigneto Reale è stata affidata all’Azienda Vitivinicola Balbiano che ha portato a un totale di 2700 barbatelle reimpiantate, per la maggior parte di Freisa, disposte su una superficie totale di quasi un ettaro. E l’uva, a quanto pare, ha subito sentito aria di casa, tanto che dal 2011 il vigneto di Villa della Regina è diventato l’unico vigneto urbano in Italia a produrre un vino cru certificato DOC, la Freisa di Chieri.
Courtesy/Urban Vineyards Association
L’Associazione delle Vigne Urbane nel mondo
Ma la Mole non è l’unico landmark cittadino a poter essere ammirato con i piedi ben saldi nel terroir di un’antica vigna: l’Associazione delle Vigne Urbane (https://urbanvineyards.org/) è una realtà in grande crescita in tutto il mondo, capace di legare Catania e New York, Tokyo e Parigi. Le ultime, recentissime new entry sono per l’appunto la Rooftop Reds, situata in cima a un edificio di Brooklyn nel cuore della città simbolo degli Stati Uniti, e la Etna Urban Winery, impiantata alle pendici dell’Etna. Due progetti lontani migliaia di chilometri ma accomunati dal desiderio di portare o reinnestare la vite in un contesto urbano là dove l’evoluzione dell’uomo l’ha cancellata durante i secoli, o dove mai nessuno avrebbe pensato potesse nascere.
Tra i prossimi membri della rete si prospetta il Rooftop Reds Tokyo Project, vigna realizzata sul tetto di un grattacielo della capitale nipponica, oltre che l’ingresso di vigne cittadine presenti in alcune importanti capitali europee come Berlino, Praga, Londra e Stoccarda. Oltre al recupero di vitigni e tradizioni, questa è anche un’opportunità per rendere concreti i principi di turismo di prossimità, sostenibilità, promozione enoturistica e culturale nell’unica chiave slow e green che il mondo possa permettersi di tollerare.
Courtesy/Urban Vineyards Association
Nel frattempo si può vivere l’esperienza di vigna in città nei vigneti che fanno già parte della rete. A Parigi il Clos Montmartre, nata nel XII secolo, è situata sul pendio di Montmartre nel 18° arrondissement ed è gestita dagli abitanti della zona. Riunisce diverse denominazioni di vino, “Le Clos Berthaud”, “La Goutte d’Or” o ancora “Il Piccolo”. All’inizio la produzione di vino del Clos Montmartre era riservata al consumo locale; adesso invece la vigna conta 1800 vigneti con 30 diverse tipologie di vite. Ogni anno in ottobre è organizzata “La Fête des Vendanges” per celebrare la raccolta annuale: un’evento da non perdere per smettere di pensare alla capitale francese come la cartolina per innamorati, sporcarla un po’ di terra e ravvivarla con qualche bicchiere di vino.
A Lione la République des Canuts si impegna a difendere le tradizioni e a valorizzare il quartiere della Croix-Rousse: la vendemmia, qui, è un'occasione di grande festa. Sempre oltralpe, ad Avignone si trova l’unico vigneto intra-muros AOC in Francia, elencato come patrimonio mondiale dell’UNESCO: il Clos de la Vigne al Palais des Papes, meravigliosamente affacciato sulla città storica e con vista sul Rodano dalla cima del Rocher des Doms.
Courtesy/Urban Vineyards Association
Dove visitare le vigne urbane in Italia
A Venezia l’Associazione Laguna nel Bicchiere recupera i vigneti abbandonati della laguna, salvaguarda la tradizione e protegge un paesaggio quasi sconosciuto, rivelando il nascosto rapporto città-campagna. San Francesco della Vigna rappresenta invece il vigneto urbano più antico di Venezia: si trova nell'omonimo complesso con tre chiostri, due adibiti a orto e vigneto, mentre nel terzo viene invece raccolta l’acqua piovana usata poi per irrigare.
Anche a Milano c’è un po’ di campagna: il Vigneto di Leonardo fu regalato nel 1498 da Ludovico il Moro, duca di Milano, al grande genio che qui vi coltivava con passione la Malvasia di Candia aromatica.
Scivolando in Toscana, il Senarum Vinea: le vigne storiche di Siena fa riscoprire vitigni antichi come il Gorgottesco, il Tenerone, la Salamanna, il Prugnolo gentile, Rossone e il Mammolo, e valorizza le storiche forme di coltivazione nella città murata che, ancora tra Ottocento e Novecento, erano fortemente legati alla tradizione medievale, grazie alle piccole produzioni di vino destinate a bere in famiglia.
Più a Sud e imperdibile è la Vigna del Gallo dell’Orto Botanico di Palermo: custodisce 95 viti di vitigni autoctoni e racconta dell’incredibile biodiversità dell’isola. L’Orto Botanico di Palermo è inoltre un enorme museo all’aperto, con oltre duecento anni di attività che hanno consentito anche lo studio e la diffusione, in Sicilia, in Europa e in tutto il bacino del Mediterraneo, di cinquemila specie vegetali, molte originarie delle regioni tropicali e subtropicali.
(Foto di apertura Giulia Grimaldi)