#StandForUkraine: We Are Topot

Questa volta, la spedizione nella foresta è stata chiamata “MOCT”, che significa ponte: un titolo che simboleggia il connettere, dato che questa è diventata la sfida dell'ultima edizione di TOPOT.

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In questo delicatissimo momento che stiamo vivendo, pensiamo che sia più importante che mai dare voce a chi ne ha più bisogno. Gli chef ucraini sono stati parecchio sotto i riflettori negli ultimi mesi, avendo partecipato e organizzato eventi internazionali, collaborazioni con chef di tutto il mondo, aprendo nuovi concept restaurant nelle città ucraine, investendo sul futuro e lavorando molto duramente per tutto quello in cui credono. Alla luce degli ultimi eventi, tuttavia, sembra che tutto ciò stia per andare in frantumi. Per questo vogliamo raccontare storie ucraine, raccontare un paese e un popolo in uno dei momenti più cruciali della loro storia.
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Dima Bahta

Vi abbiamo già raccontato TOPOT - ma per i più distratti, ecco un riassunto.

La sfida: ore di esplorazione nella foresta dei Carpazi. Perdersi. Lottare contro i serpenti. Immergersi in acqua per catturare i pesci.

Cucinare un piatto in condizioni estreme, da compito impossibile si trasforma in qualcosa capace di rivelare la forza, la creatività e la fiducia insita nei giovani chef che intraprendono questo percorso.

Topot è collegato al desiderio collettivo di sfidare la mente preparando un piatto gourmet utilizzando la natura circostante. Ciò dimostra agli chef in che modo le proprie abilità possano svilupparsi in situazioni estreme, e al contempo permette di acquisire maggiore consapevolezza sulla ricchezza dei prodotti locali, che troppo spesso viene ignorata dagli chef ucraini.

Questa volta, la spedizione nella foresta è stata chiamata “MOCT”, che significa ponte: un titolo che simboleggia il connettere, dato che dall’ultima edizione TOPOT ha messo insieme chef da tutto il mondo. Tutto merito di Igor Mezencev, il fondatore del progetto, un giovane carismatico che con un’energia a tratti disarmante e idee che spesso lo rendono quasi incomprensibile ai suoi pari - ma, col senno di poi, risultano geniali e meritevoli. E inarrestabili. “Verso l’infinito e oltre!” gli piace ripetere.

Come stabilito dalle regole, la spedizione vede dieci giovani chef locali, assieme a cinque internazionali: Diego Prado, Inaki Bolumburu, Laurence Faber, Abdullah Korkmaz, Olia Hercules.

Circondati dalla natura, dalla foresta selvaggia e dalle montagne per cinque giorni, senza nessun collegamento con i comfort del mondo esterno, TOPOT non riguarda solo la sopravvivenza.

Riguarda il prendersi dei rischi, essere pronti per il cambiamento o per le problematiche che si devono sopportare durante quest’esperienza.

«In qualche modo, mi sembra di venire dal futuro » dice Mezencev.
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«Ho sempre pensato che le persone che fanno qualcosa di unico sono nate con quell’obiettivo in mente e si sono impegnate incredibilmente per raggiungerlo, a qualsiasi costo. Ma di recente ho realizzato qualcos’altro - gli chef hanno un mindset speciale, sono come persone che vengono dal futuro per spiegare alle persone cosa serve per far cambiare il mondo. »

Per cinque giorni, gli chef hanno lavorato a stretto contatto l’uno con l’altro per sopravvivere alle condizioni ardue e inospitali, scoprire le bacche selvatiche, stupirsi della ricchezza del panorama, scovare funghi locali e piante mai viste prima. L’ambiente circostante diventa la dispensa, il piatto diventa la sfida, la creazione la vittoria. Il tutto con un sapore primordiale.

Scopri di più nel nostro video.

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