La Peca, un'impronta in cucina
«Come se il mare separandosi svelasse un altro mare, questo un altro, e i tre fossero solo il presagio d’un infinito di mari non visitati da rive» scrive Emily Dickinson nel 1863, invocando il mare: un infinito che si scompone in altri infiniti, regalando un senso di libertà ed eternità senza eguali.
Un’immagine del mare speculativa e materna che sin dall’antichità ha orientato i versi dei poeti europei; sullo sfondo del Mediterraneo, Omero e Virgilio ambientarono i loro poemi, e i poeti arabi e i lirici greci le loro struggenti storie d’amore. Il Mare Nostrum (come lo chiamavano i romani) è nella Commedia di Dante (basti pensare che il poema si apre con un naufragio “dal pelago alla riva” e finisce con un’immersione nel “gran mar dell’essere”). Questo perché nella nostra cultura il Mar Mediterraneo non è solo geografia, ma elemento fondante, nella memoria come nella vita. La sua bellezza romantica e senza tempo ha ispirato un mosaico di voci, pensieri, idee; negli ultimi anni anche diverse scuole di cucina. Quella di Nicola Portinari, chef del ristorante La Peca (due stelle Michelin) in provincia di Vicenza, ne è un esempio.
Sebastiano Barbieri ph.
La Peca nasce a Lonigo, in provincia di Vicenza, nel 1987 ed è il coronamento del sogno di due fratelli: Nicola e Pierluigi Portinari, che da ormai quindici anni mantengono con passione e duro lavoro le due stelle Michelin - arrivate rispettivamente nel 1996 la prima, e nel 2008 la seconda.
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La valorizzazione delle proprie radici è la chiave di volta di un’esperienza di autenticità e purezza, centrata sullo stretto legame tra il cibo e il luogo in cui questo è prodotto. Da qui la proposta di un menù semplice, genuino e naturale che racconta una cucina sempre più rivolta alla clientela e meno alla comunicazione: ricette leggere e pulite, realizzate con pochi ingredienti di ottima qualità sono il segreto per una cucina non solo golosa ma anche salutare e digeribile. Per i fratelli Portinari
Ne deriva una cucina delicata e pulita, dove ingredienti e sapori ben distinti acquistano valore in una sintesi piacevole e nella quale non ci si smarrisce.
Sebastiano Barbieri ph.
A Nicola e Pierluigi - pasticcere impeccabile e sommelier del ristorante - la preparazione dei piatti per la gastronomia della macelleria di famiglia non bastava più. È stata l’ambizione di fare qualcosa che andasse oltre, di creare un progetto che nella zona ancora non c’era, a spingerli a trasformare un’antica locanda nell’insegna elegante che conosciamo oggi. La Peca non nasce come ristorante di pesce (i primissimi piatti erano a base di carne, a eccezione del Baccalà alla vicentina, le Sarde in saor e quei piatti poveri che erano tradizione di famiglia), ma la materia prima ittica subentra fin dagli anni novanta per rispondere alla sempre crescente domanda della clientela.
Sebastiano Barbieri ph.
Nicola impara ad amare il mare fin da piccolo, ma prima di diventare chef quello con il pesce era un rapporto distaccato e stagionale; conosceva solo le specialità della tradizione vicentina che gli venivano cucinate dal padre (come il baccalà e le sarde). Oggi, dopo anni in cucina, una curiosità nuova lo spinge a ricercare pesci sempre diversi da servire e raccontare ai suoi clienti, ed ecco che nasce il menù Mare, un percorso degustazione in nove corse su cui si proietta il silenzio dell’alba d’estate, abbracciato dalle acque del Mar Mediterraneo. Creatività e tradizione si uniscono in una danza continua, che soffia dal mare sulle note di una brezza leggera e fresca: dall’Ostrica di Pellestrina in essenza di ostrica e caviale allo Spaghetto al succo di cipollotto rosso, triglia in ceviche e caviale affumicato; imperdibile poi il Morone cotto alla brace con fragole affumicate, aceto di Jerez, artemisia scottata e olio all’aglio orsino; o la Ricciola con carciofi e zenzero, dove un pesce ferroso incontra e si scontra con un vegetale altrettanto forte: un abbinamento tono su tono che esalta le caratteristiche di entrambe le materie prime portandole su una scala armonica più alta. Il tutto è accompagnato dal sentore agrumato dell’olio al Calamondin, e dalla canditura del limone del Borneo.
Un clima di rilassatezza accompagna chi assapora le proposte e di portata in portata ci si trova in riva al mare. I sapori evocano un po’ del suo sale azzurro, della sua luce, di quell’infinità che raccontava nei suoi versi Emily Dickinson.
Un altro piatto sorprendente - e in carta da oltre vent’anni! - sono i Bigoli con salsa di acciughe cantabriche marinate e gelato alla cipolla rossa: uno squisito confluire di dolcezze che contornano il palato un po’ come il mare cinge i confini del mondo. E questo stesso mare, che all’alba è del colore del frumento e durante il giorno si tinge dell’azzurro dei pesci, si macchia al tramonto con le sfumature dell’uva e della vendemmia: la cantina curata da Pierluigi Portinari - che vanta oltre 1900 etichette italiane e straniere - è riconosciuta da Le Guide de L’Espresso come miglior “Cantina dell’anno” nel 2008. Vini nuovi ma anche “forti vini della saggezza, vecchi di immemorabile vecchiezza”: così si legge tra le righe di introduzione alla carta dei vini, tratte dalla Parte terza dello Zarathustra di Nietzsche, dove l’autore si riferisce alla sua anima come a una “cupola azzurra che guarda lontano oltre i mari in tempesta”…