Una sfida per il futuro nella roccaforte del Sangiovese

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Nel cuore della Toscana, tra i colli di Montalcino e Cinigiano, nasce la storia di La Casaccia di Franceschi, un’azienda agricola che ha saputo coniugare tradizione e innovazione sotto la guida visionaria di Leopoldo Franceschi. Fondendo la sua lunga esperienza con le idee fresche e audaci dei figli Flavia e Federico, l’azienda è oggi un esempio di eccellenza vinicola e sostenibilità. In un momento storico in cui il Sangiovese domina il panorama vinicolo locale, La Casaccia stupisce con una mossa coraggiosa: il lancio del Cabernet Franc San Leopoldo, un vino in purezza al 100%, che sfida la tradizione e apre nuove prospettive per il futuro di Montalcino.

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La Casaccia di Franceschi si distingue per la sua visione imprenditoriale basata su una cura maniacale per ogni dettaglio. Dai 15 ettari di vigneti coltivati biologicamente, passando per la selezione manuale delle uvee l’uso delle più moderne tecnologie in cantina, ogni fase del processo produttivo è finalizzata a creare vini di altissima qualità. Il terroir unico, con suoli calcareo-marnosi e ricchi di fossili, dona al vino caratteristiche distintive, che si riflettono nella loro produzione di eccellenza, come il Brunello di Montalcino Riserva.

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Ma è con la nuova linea San Leopoldo che hanno scelto di introdurre nella denominazione alcuni vitigni di taglio bordolese, tra cui appunto il neo-nato Cabernet Franc, con cui l’azienda sfida il convenzionale, proponendo un vino che non solo esprime la forza del terroir, ma anche la voglia di rompere gli schemi. Recuperando i terreni della tartufaia di famiglia, che non era autoctona, si è reso necessario espiantare e ripiantare gli impianti a diverse altitudini. Sul versante sud di Montalcino, questo intervento ha rappresentato un progetto interessante. Le vigne, infatti, si trovano a un'altitudine che varia dai 350 ai 580 metri, una scelta che garantisce al vino freschezza, acidità equilibrata e una complessità aromatica straordinaria. Questa altitudine, insieme alle peculiarità dei terreni, consente al Cabernet Franc di esprimersi con una vervesorprendente, regalando al San Leopoldo un carattere distintivo.

Abbiamo avuto il piacere di conoscere personalmente i giovanissimi produttori proprio qualche giorno fa da Bentoteca a Milano, per la presentazione della nuova etichetta, accompagnati da un menu dedicato e pensato per esaltare le referenze della cantina.

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Abbiamo iniziato con gli assaggi di tonno, un must dello chef Yoji Tokuyoshi, abbinati a un Domaine Pignier Cremant du Jura, per poi proseguire con l’intramontabile Katsusando di lingua e verdure e un Karagee di coniglio davvero sorprendente. A seguire c’erano anche una deliziosa tartelletta con calamaro e un fantastico riso con anguilla, perfettamente abbinato al Merlot San Leopoldo 2021 di La Casaccia di Franceschi. Non ci siamo fermati qui: abbiamo assaporato una soba con anatra, questa volta in compagnia della star della serata, Cabernet Franc San Leopoldo annata 2021, e infine un piatto di lombatello e cannolicchi, accompagnato dal loro Brunello di Montalcino 2010.

Una cena memorabile ma soprattutto un’occasione per scambiare due chiacchiere con Flavia e Federico, che ci han raccontato le sfide e le emozioni legate al lancio di questo nuovo vino.

Federico, sei generazioni di viticoltori alle spalle... non ti senti un po' come l'Highlander del vino di Montalcino? Cosa significa per te e tua sorella portare avanti questa eredità?

Federico: “È vero, siamo parte di una lunga tradizione, e questo porta con sé un grande senso di responsabilità. Ma non vogliamo essere semplicemente i custodi di qualcosa che già esiste. Per noi, portare avanti questa eredità significa innovare, evolvere. Ci piace l’idea di poter mettere il nostro tocco, di reinterpretare il passato con uno sguardo al futuro. Il Cabernet Franc San Leopoldo è un esempio perfetto di questo approccio: abbiamo rispettato il terroir, ma siamo usciti dagli schemi per esplorare nuove potenzialità.”

La vostra scelta di inserire il Cabernet Franc nella linea San Leopoldo è piuttosto audace per Montalcino. Qual è stata la sfida più grande nell’introdurre un vitigno non autoctono in un territorio così legato alla tradizione?

Federico: “La sfida principale è stata far capire che Montalcino può essere molto più del solo Sangiovese. Il Cabernet Franc è stato una scelta coraggiosa perché dovevamo assicurarci che trovasse il suo spazio in un territorio tanto radicato nella tradizione. L’obiettivo era esaltare le qualità del vitigno senza snaturare l'identità del luogo. La vera difficoltà era mantenere quell'equilibrio perfetto tra innovazione e rispetto per la terra. La sfida più grande è stata convincere che un vitigno internazionale di taglio bordolese potesse prosperare in un territorio così legato alla tradizione. La scelta del Cabernet Franc è stata guidata dalla volontà di dimostrare la versatilità del territorio di Montalcino.”

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Il vostro Brunello rappresenta la tradizione, ma con il San Leopoldo avete introdotto i tagli bordolesi a Montalcino. Ti senti più custode del passato o ribelle del Sangiovese?

Federico: “Siamo un po' entrambe le cose. Il Brunello di Montalcino è la nostra tradizione, il nostro legame con la storia e il territorio. Ma il Cabernet Franc è il nostro lato ribelle, il nostro modo di dire che siamo aperti al cambiamento. Non si tratta di distaccarci dal passato, ma di reinterpretarlo in modo da lasciare il nostro segno. Il San Leopoldo è un vino che parla di noi, della nostra voglia di osare.”

Avete scelto vigne tra i 350 e i 580 metri di altitudine. Che impatto ha questa scelta sulla qualità del vostro vino e cosa vi ha spinto a sperimentare queste altezze?

Flavia: “L'altitudine gioca un ruolo fondamentale. A queste altezze, le uve maturano più lentamente, acquisendo maggiore freschezza e complessità. Questo si traduce in vini con una spiccata acidità e profumi intensi e speziati. Abbiamo deciso di sperimentare queste altitudini, bilanciando quelle più alte con quelle più basse, perché volevamo ottenere qualcosa di diverso, che avesse una personalità forte, ma elegante. È stato un rischio, certo, ma i risultati ci hanno dato ragione.”

Ora che avete portato il Cabernet Franc a Montalcino, pensi che il Sangiovese si senta un po' geloso?

Federico: (Ride) “Forse sì! Il Sangiovese è il nostro cavallo di battaglia, il cuore della nostra produzione. Il Cabernet Franc non è un concorrente del Sangiovese, ma un complemento, un’aggiunta che arricchisce il nostro portafoglio di vini. E in fondo, credo che anche il Sangiovese apprezzi un po’ di compagnia! In fondo, la diversità è ciò che arricchisce il progetto e rende ogni vino unico.”

Con il San Leopoldo, basato su Cabernet Franc in purezza, come pensi che il vostro vino si posizioni rispetto agli altri vini della denominazione di Montalcino? Qual è la vostra visione per il futuro di questa linea?

Federico e Flavia: “Il nostro Brunello è la nostra anima, il Cabernet Franc è il nostro cuore ribelle. Siamo entrambi, e questa dualità ci permette di innovare senza dimenticare le nostre radici.”

La loro visione per il futuro è chiara: fare del San Leopoldo un punto di riferimento per chi cerca un vino fuori dagli schemi, in grado di rappresentare la potenza e l'eleganza del territorio di Montalcino in una nuova veste.

“Il San Leopoldo è diverso. Non vogliamo competere con il Brunello o altri vini locali; vogliamo creare qualcosa di unico. Il Cabernet Franc porta con sé una freschezza e una complessità che si distinguono. La nostra visione per il futuro è quella di continuare a esplorare, di spingere i confini di ciò che è possibile fare a Montalcino. Vogliamo che San Leopoldo diventi un punto di riferimento per chi cerca l’eccellenza, ma con un pizzico di audacia.”

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Con il lancio del Cabernet Franc San Leopoldo, La Casaccia di Franceschi dimostra che Montalcino è un territorio in continua evoluzione. Flavia e Federico, con il supporto della loro eredità familiare, hanno dato vita a un progetto che incarna spirito di innovazione e voglia di osare, guardando al futuro con ambizione e coraggio, senza dimenticare mai le proprie radici.

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