Zia: Le Radici dell’Armonia

Entriamo nel mondo di Zia, ristorante stellato romano, parlando di mutuo benessere ed unità di squadra con lo Chef e proprietario Antonio Ziantoni ed il pasticcere Christian Marasca.

1.jpg
Rendition object (11807)

Camminando per le intricate strade di Trastevere, a Roma, si percepisce una particolare atmosfera, inebriante e coinvolgente, travolgente. Diversi personaggi importanti caratterizzano il quartiere e tra questi vi è Antonio Ziantoni, Chef e proprietario di Zia Restaurant, una stella Michelin. Che questo sia un ristorante diverso dagli altri si percepisce subito: l’essenziale eleganza non è forzata da ridondanti orpelli, ma si accompagna ad informalità e tocchi popolari, costruendo la nuova e giovane idea di lusso che ridefinisce i canoni dell’alta cucina mondiale. Una cucina salata apparentemente semplice ma dalle consistenze e persistenze uniche ed affiancata, in un magistrale equilibrio, da una carrellata dolce di rara leggerezza e raffinatezza. Lo Chef racconta qui le sue impressioni, i suoi vissuti e la volontà di costruire un posto speciale, dedicato al piacere collettivo.

2.jpg

Come sei arrivato a questo mestiere?

Sicuramente mangiare e cucinare sono sempre stati atti importanti per me, anche da bambino. Sono originario di un piccolo paesino laziale al confine con l’Abruzzo, dove il cibo è centrale, parte fondamentale della giornata. Inoltre, durante i miei studi da geometra, lavoravo un paio di giorni a settimana in un ristorante, nel quale mi trovavo benissimo. Gradualmente mi sono appassionato così tanto, da anteporlo alla scuola: stavo trovando la mia vera strada.

Così ho deciso di cambiare ed imparare il mestiere ad Alma, per poi fare esperienze tra Cina, Australia, Inghilterra, Francia ed ovviamente Italia.

Il mondo mi ha donato tecniche ed elasticità di pensiero, approcci differenti, consentendo alla mia cucina italiana di farsi adulta e dialogare apertamente da cosmopolita, senza paraocchi limitanti o inutili voli pindarici.

Questo è un mestiere fantastico, che ti obbliga ad essere in costante evoluzione e movimento. Un impiego che va oltre alla necessità lavorativa e si fa filosofia esistenziale, si fa parte indelebile della vita, si tramuta in potere emozionale. Essere cuochi significa trasformare, dialogare, nutrire e prendersi cura: non riuscirei ad immaginare niente di più bello e profondamente radicato nel concetto di umanità.

3.jpg

Come definiresti il tuo approccio alla materia?

La mia ricerca parla di territorio, di penisola, di memorie personali, di gusto intrinseco. La stagione viene scorporata in micro-stagioni: non ha ormai più senso parlare di quattro periodi annuali ma, con questi repentini cambiamenti di clima, dobbiamo essere capaci di intercettare il prodotto nel periodo di massima espressione. Cucino ciò che amo mangiare, nella maniera più leggera ed intelligente possibile, pensando a costruire una logica gustativa che lasci piacevolmente sorpresi ma non sommersi ed appesantiti.

Parlerei di cucina semplificata, dove il lavoro della brigata si concentra nell’atto di abbinamento e di traduzione della materia prima in piatto facilmente comprensibile. Sia nelle mie proposte, che in quelle dolci di Christian Marasca, pasticcere di Zia, andiamo a ridurre le pesantezze, i sali, gli zuccheri, lasciando puro sapore naturale e salubrità; senza dimenticarsi che, in fin dei conti, siamo cuochi, dobbiamo sfamare in modo consapevole, creando menu che possano essere consumati pressoché regolarmente.

Non facciamo niente di tradizionale, ma cerchiamo di toccare ricordi palatali e cerebrali appartenenti all’immaginario collettivo italiano, indaghiamo fino a trovare un’appiglio nel passato, creando un collegamento che dia piacere e comfort, che strappi un sorriso ed un brivido lungo la schiena. L’obiettivo, dopotutto, è quello di orchestrare un’indimenticabile esperienza per gli ospiti, di divertire e divertirci, di comunicare il benessere del team al commensale. Di danzare assieme, in un’armonia sinergica tra umani, celebrando le emozioni, le impressioni, la pancia, la bellezza dell’essere vivi.

4.jpg

Felicità del team, felicità del cliente. Quanto costa l’etica?

Tanti, troppi sfruttamenti di un personale demoralizzato ed affaticato creano una percezione di questo lavoro assolutamente penalizzante e sicuramente paurosa per un giovane ai primi passi. Il lavoro malfatto di certe persone sta distruggendo un’industria intera: chi vorrebbe mai volontariamente mangiare in un luogo dove i dipendenti sono frustrati e sacrificati all’osso?

Noi siamo una piccola-grande squadra, dipende dal riferimento, molto affiatata e consapevole. Amiamo l’unione e la visone comune, il confronto sano, il rispetto dei ruoli e delle competenze altrui. Cerchiamo di portare avanti queste idee attraverso giuste remunerazioni, turni intensi sì, ma non dilanianti, giorni di riposo ben pensati.

Peraltro, oltre all’aspetto etico del tema, dobbiamo considerare come una corretta gestione delle energie porti maggiore produttività e una migliore complessità creativa.

Risulta evidente come, questo pensiero, debba essere poi seguito e supportato da un conto proporzionato. Si paga il costo di una materia prima eticamente e qualitativamente superiore, che ha già moltissimo lavoro a partire dal campo e comporta sforzi e lotte quotidiane; si paga un gruppo di giovani che scelgono di sacrificare parte della propria vita al servizio del prossimo e che, con passione, ricercano quotidianamente nuovi canoni del gusto; si paga un servizio ed una ricerca di abbinamenti in sala che completa la cucina e si adatta alle esigenze degli ospiti, come un abito sartoriale. Nel momento in cui, ad ogni individuo viene corrisposta la dovuta parte ed il ristorante è sostenibile economicamente, la mia soddisfazione si esaurisce. Felicità del team, felicità degli ospiti: è questo lo scopo ultimo della nostra realtà.

5.jpg

La Pasticceria è parte fondamentale della proposta di Zia. Ne parliamo?

Lascio volentieri la parola a Christian, che è con me dal primo giorno [prende la parola Christian Marasca, pasticcere di Zia].

Sin dal primo menu abbiamo capito come Zia necessitasse di una proposta diversa dalle altre, fuori dal coro. Un’ innovazione che ritorna indietro, un ristabilire il ruolo del pasticcere.

Volevamo dare il giusto spazio ad una conclusione del pasto che seguisse la stessa filosofia della parte precedente, senza essere snaturata e senza tagliare le radici con la classicità. Abbiamo abbandonato l’idea di pre-dessert e dato al dolce la dignità che merita. Tutto ciò, mantenendo il concetto di leggerezza e piacevolezza di cui parlava Antonio prima: dobbiamo terminare un percorso senza rovinarlo, senza caricare eccessivamente il commensale, lasciando il desiderio di mangiare ancora, quel tanto che basta.

Di fatto abbiamo proposte abbastanza note, vedi la millefoglie, il babà o il tourbillon, ma totalmente ripensate per essere apprezzate all’interno di un menu e non da sole. Nel babà, ad esempio, la bagna e la pasta sono state studiate per essere delicate ed eleganti, mantenendo dolcezza e percezione alcolica al minimo, tenendo solo le parti interessanti della ricetta originaria. Serve molto tempo e dedizione, conoscenza delle regole e capacità di infrangerle al momento giusto. Un’ode alla pasticceria delle origini, un gesto che rimanda ai bambini. Una nuova golosità.

Un’aura di sincerità, energia positiva e senso di appartenenza: queste sono le prime sensazioni a toccare l’anima di chi approccia Zia. La cooperazione e l’intesa si traducono nell’appagamento di chi fruisce, nella contentezza di aver preso parte a quel grazioso processo.

Antonio Ziantoni ha la maturità di saper cucinare onestamente, con sincero amore per la pratica e per il destinatario. Un susseguirsi di portate confortanti nel loro essere novità non estrema, nella loro quieta differenza, non spinta all’eccesso scenografico. I toni netti di difficili lavorazioni lasciano spazio ad una pulizia gustativa calibrata, a misura d’uomo. Cenare da Zia significa contribuire alla crescita di un virtuoso pianeta, al cambiamento di rotta verso una nuova ristorazione più impegnata, meno spiazzante e scientemente concreta. Una conferma, insomma, di come insieme si riesca a spingere la mente oltre molti confini, oltre la fitta nebbia di certezze: una nuova consapevolezza è nata.

Rendition object (11808)

Tutte le news più interessanti in un unico posto, selezionate per te.