Il rinascimento della cuisine française: quella tradizionale, quella fatta di burro, di sfoglia, di selvaggina; di ricette e piatti che farebbero felici Marie Antoine Carême e Anthelme Brillat-Savarin. Una nuova codifica della tradizione più pura, un percorso alternativo nelle mani del giovane chef italiano, che ha grandi ambizioni e punta in alto.
Puoi viaggiare per mezzo mondo, fare le esperienze più emozionanti e indimenticabili in ristoranti importanti; due, tre stelle Michelin, in uno dei bistrot più conosciuti di Francia, quello di Giovanni Passerini a Parigi.
Scalpiti, la cucina ti brucia dentro, come un fuoco sacro che non riesci a spegnere.
Poi, dopo tanto peregrinare da una cucina all’altra, da un paese all’altro ti ritorna la voglia di casa.
L’idea è di tornare a Ivrea, da dove sei partito qualche anno prima per farti le ossa: prima a Torino, poi l’Emilia Romagna e il Trentino, infine la Francia, un passaggio sicuramente importante per un cuoco così giovane.
Alessandro Esposito torna a casa, nel 2019 dopo 10 anni di viaggi ed esperienze quando ha 29 anni.
Torna nella sua Ivrea, dove è cresciuto. Ivrea, una città di provincia, che sta cercando di emergere in ogni modo, che vuole scrollarsi di dosso la patina industriale che la Olivetti le ha accollato, come un leggero strato di polvere su un mobile d’epoca.
Una fortunata coincidenza, il suo ritorno nella città natale, dove Roberto Bordone, titolare delle Cantine Morbelli, sta cercando uno chef per il “suo” ristorante.
Cantine Morbelli, un pezzo di storia eporediese, un ibrido tra bistrot, ristorante e ricordi amarcord di una cantina dove si faceva il vino, dove le grandi botti di legno, come giganti a riposo, vigilano a testimoniare il glorioso passato.
Il risultato di questo ibrido è qualcosa di stupefacente: Alessandro Esposito sembra un’enciclopedia vivente degli antichi piatti classici della cucina francese ai quali non siamo più abituati: Lepre alla Royale, Rombo in vescica (Turbot en vessie), Pâté en croûte, Millefoglie.
Una precisione certosina nella preparazione come nella ricerca degli ingredienti: per la selvaggina, ad esempio, si affida a un cacciatore locale che gli procura lepri, cinghiali, caprioli, solo carni certificate.
Maurizio Gjivovich
Una filiera corta, il rispetto del sacrificio dell’animale che viene acquistato e lavorato intero.
Il sodalizio con Roberto Bordone (proprietario e sommelier) funziona a meraviglia.
Un percorso diverso, con un’identità nuova per le Cantine Morbelli, sia dal lato enologico che da quello gastronomico: ricerca di piccole cantine e vigneron locali, come locali sono i produttori che riforniscono la cucina; la scelta è di raccontare un territorio, un terroir dalle mille facce, ancora poco conosciuto.
Il desiderio primario di dare spazio ai giovani produttori di vino del Canavese, come i Giovani Vignaioli Canavesani, che si sono posti un grande obiettivo: far conoscere il loro areale vitivinicolo.
Alessandro entra in cucina ad Agosto 2020, troppo poco tempo per riuscire a raccontarsi al pubblico. Il lockdown e le decine di chiusure/aperture non hanno certamente aiutato il giovane chef e la proprietà. La scelta ponderata di non pensare ad un servizio di delivery, una proposta gastronomica così particolare da non poter essere stravolta, modificata, demolita da contenitori usa e getta. Un percorso talmente cerebrale che merita un racconto dal vivo, guardando negli occhi lo chef mentre descrive i suoi piatti.