Psicologia e ristorazione, cose buone e nuove che abbiamo imparato da Cristina Bowerman e Isabella Corradini

La parola più abusata degli ultimi 30 anni? La commistione più esplosiva che ci sia tra stanchezza, senso di vuoto e disagio emotivo? Stess. Finalmente è stato pubblicato il primo studio scientifico italiano che indaga in profondità le cause dello stress nei settori della ristorazione, grazie a iniziativa promossa dall’Associazione Italiana Ambasciatori del Gusto insieme all’Ordine degli Psicologi del Lazio, premiata dal programma internazionale 50 Best For Recovery, nell’ambito di The World’s 50 Best Restaurants. Abbiamo incontrato a Roma, da Glass Hostaria, Chef Cristina Bowerman e Isabella Corradini, psicologa, per immergerci totalmente nel progetto così fortemente voluto dalle due professioniste.

“Il burnout è un po’ come quando torni dalle vacanze, un senso di emptiness ti pervade” dice Cristina, e bisogna saperci navigare dentro, riconoscere i propri limiti, saper dire no. Uno “shock continuo”, lo definisce Isabella, dove la chiave di volta è la consapevolezza di sè e dell’ambiente circostante. “Eravamo partite con il fare proprio l’analisi dei fattori di stress poi è arrivata la pandemia ed è stato uno stimolo in più, perchè tutto era amplificato” continua. il lato positivo è che si è scoperta grande disponibilità e resilienza nei soggetti a cui venivano sottoposti i questionari e che prendevano parte ai focus group. Chef, ristoratori professionisti di sala e cucina, collaboratori più o meno dipendenti, hanno ripensato al loro presente per navigare meglio nel futuro. Non è difficile immaginare quanto la pandemia abbia inevitabilmente portato molte persone a una riflessione esistenziale, sulla vita che si interseca con il lavoro, e il lavoro che per molti è buona parte della vita; un’esplosione di dubbi, un concentrato di incertezza:“Perchè faccio questo? Perché mi sveglio la mattina? È questa la vita che voglio? “Per alcuni la risposta è stata un grande no, altri hanno cercato nuovi modi per rendere il lavoro fisicamente ed emotivamente sostenibile, e il supporto di un professionista si è trasformato in una chance da non farsi scappare: passare da stress invalidante a “eustress”, quello positivo che carica, si può, basta sapere come fare.

“Bisogna scegliere le persone con cui si collabora in base a chi sono e non quello che fanno”

“Bisogna scegliere le persone con cui si collabora in base a chi sono e non quello che fanno”, perché alla base della motivazione c’è l’esserci nel lavoro con la propria unicità, e proprio questo ci tiene lontani dal “grande esodo” dalle sale e cucine, fenomeno dilagante del periodo post pandemico. La Bowerman ha deciso di chiudere il suo stellato due giorni a settimana, per riposare veramente, e questa è una delle belle conseguenze dello studio e del rapporto stretto con Isabella Corradini. Lo stereotipo di genere che vede le donne come figure multitasking, dedite alla casa ha colpito ancora e inesorabile: risulta evidente che queste hanno maggiormente subito le conseguenze dello stress, arrivando in molti casi anche a dover lasciare il posto di lavoro, per non far mancare sostegno e amore in famiglia, nel periodo di Dad e chiusure forzate. È chiaro che, ogni lavoro fatto con passione, condizione necessaria, porterà a stare tante ora al pc o ai fornelli o in sala, e bisogna sapersi fermare prima del burnout: questa è una delle cose più importanti che emerge dallo studio. Bisogna poi cambiare i modelli sui quali si fonda il mondo della ristorazione contemporanea, perché sia quello americano che quello italiano sembrano aver fallito.

“Il massimo della pressione la vivono i camerieri” perché l’incertezza è il loro pane, e i clienti sono diventati sempre meno tolleranti e sempre più imprevedibili con la pandemia. Allora Capita di raggiunge il “boiling point” e lì serve autocontrollo e grande ancoraggio sul presente. “Una volta, al limite della sopportazione, quando è venuto a mancare il rispetto tra le parti, mi sono sentita anche di poter accompagnare il cliente alla porta, con educazione, fa parte del mio ruolo di titolare, è una mia responsabilità”

conclude Cristina.

Che una terapia di gruppo o un sostegno psicologico fossero necessari in un ambiente di fuoco come quello della ristorazione già lo si sospettava, ma ora è una certezza: la miglior ricetta per trovare l’equilibrio.

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