Circoletto: il paradiso romano del mangiare semplice e del vino naturale

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Non tutte le pandemie vengono per nuocere.

Di sicuro non lo fanno quando danno il La alla neonata avventura dei ragazzi di Trecca a Roma. Con un nome che è tutta una garanzia di aggregazione e Italia anni ’50, Circoletto è la nuova, freschissima realtà romana per chi ama bere naturale e stuzzicare qualche piatto dalla semplicità assoluta, che mette sempre al primo posto –vivaddio- il sapore vero e pieno. A Circo Massimo, zona centrale dove qualità non era proprio quello che veniva da pensare.

Si diceva: il tutto è partito dalla pandemia e, a dirla tutta, da quel periodo tremendo per alcuni, prolifico per altri, che porta il nome di lockdown. Manuel e Nicolò Trecastelli e Giulia Rascelli ci hanno consegnato un po’ di umanità mentre eravamo segregati nelle nostre case romane. All’inizio con pranzi a domicilio portati a casa e quindi con il progetto “SPACCA”: solo in alcuni giorni, preceduti da una comunicazione totalmente foodporn, i ragazzi nel loro Trecca distribuivano a volte cheeseburger fatti in casa, altre polli e patate, altre ancora pizze bianche romane farcite con un pastrami di lingua. Un focaccione già iconico.

“L’anno scorso siamo usciti col progetto SPACCA perché era una necessità,” mi raccontano Manuel e Nicolò. “In quel momento ci siamo resi conto che la ristorazione stava cambiando.” O che aveva bisogno di cambiare verrebbe da dire. Soprattutto in una Roma che ha sempre avuto il motore di una Ferrari come montato su una Fiat Panda. In qualche caso la pandemia, invece che spaventare, ha finalmente fatto spingere a manetta e buttarsi in nuove avventure e nuovi concetti di cucina senza quelle barriere che le tradizioni ci hanno sempre imposto.

“Il caso ha voluto che ci fosse la possibilità di prendere un posto davanti a Circo Massimo. E ci siamo detti: buttiamoci. Da quel momento abbiamo fatto tutto noi. Ci siamo costruiti il nostro locale da zero. Faticoso ma sai che soddisfazione alla fine?”

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Cosa è Circoletto? Intanto il nome. Uno di quei nomi che capisci a fondo solo se sei italiano: è un club, ma senza l’esclusività del club. È un luogo accomunato dal bene di stare insieme e circondati da persone della stessa risma. Le uniche due massime da Circoletto, già dopo nemmeno qualche mese di apertura, sono: mangiare semplice e bere bene. “Il logo è uno smiley. Questo deve essere un happy place dove non importa se vuoi bere vino naturale, birre artigianali, mangiare o tutte queste cose assieme. Vogliamo che tu stia bene, ma per davvero.

I piatti sono pochi, sono semplici ed è fatto d’obbligo mangiarli con le mani. C’è la pizza bianca con pastrami di lingua di vitella, che si fa dieci giorni in salamoia con spezie, poi cuoce e infine si fa la sua bella e lenta affumicatura. E poi, insieme, senape leggera fatta in casa, insalata e cetriolini pickled. Ma ci sono anche il baccalà fritto alla romana e, a ruota, quello che offre il mercato giorno dopo giorno. Una cucina che mette d’accordo tutti, che non sembra romana ma lo è, eccome.

“La cucina di circoletto è dinamica con la mano romana,” dice Manuel. “Noi veniamo da una trattoria che cerca di onorare le tradizioni. Non volevamo fare, con questo nuovo progetto, un’altra cosa strettamente romana, che ci ingabbiasse: non una trattoria moderna ma un posto semplice con cibo semplice e diretto. Senza fronzoli, guardando all’estero.” E infatti sembra di stare a Parigi, dove puoi essere una ravioleria, una zupperia o un posto che fa solo cavolfiori al forno e nessuno si sognerà mai di giudicarti. Zero giudizi, zero fucks, come il claim di circoletto. Solo cibo e vino a manetta. Il vino, tra le altre cose, è curato da Francesco Magna, ex sommelier di Achilli al Parlamento, una delle enoteche storiche di Roma. E spazia dagli orange alle bolle naturali come se niente fosse, senza compromessi, solo qualità.

Un circoletto che privato non è. Un circoletto che sorride a tutti gli avventori, quelli di passaggio e quelli –ormai-affezionati. Un luogo che a Roma, così, ancora non c’era. E di cui tutti noi gourmand romani sentivamo il bisogno.

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