Floriano Pellegrino e Isabella Potì, incontro ravvicinato del terzo tipo

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Il riquadro della Zoom call sembra troppo piccolo per contenerli. Gli sguardi di Isabella Potì e Floriano Pellegrino strabordano dai confini virtuali per lanciarti in orbita, in un flusso di concetti limpidi, idee, filosofie gastro-esistenziali. E, va detto, anche gastroprotettrici: nel tessuto social-economico della nuova cucina italiana, l’universo Bros’ è più atipico di uno sbarco alieno in un B-movie anni 70, si mette per traverso con minimi effetti speciali e cambia completamente il corso del film.

L’incontro ravvicinato con Floriano e Isabella è una perdita di controllo benedetta, una scivolata sul ghiaccio in discesa che non sai dove ti porterà però ci vuoi andare tantissimo. Specchio e controriflesso l’uno dell’altra, lei una lama di katana che brilla nella penombra, lui eruzione vulcanica stromboliana made in Salento, sono i compagni di squadra che vorresti avere nella prossima rivoluzione. Che non è un pranzo di gala, e loro lo sanno bene: il progetto METALand - Visionary Food Talks riscrive le regole degli eventi food facendoli aderire ad un immaginario da rave party, e ad un concetto di festa, o festival, che non finisce mai (più).

L’after come condizione di vita, nel senso doppio di dopo un evento e di andare oltre: che è ciò che cercano di fare, oltretutto riuscendoci, da sempre. “Se fai qualcosa di straordinario, devi mettere in conto di fare l’after” esordisce Floriano con un mezzo sorriso sornione, sbandierando un catturamosche che usa con la stessa determinazione di un ninja. “Visto il casino suscitato sui social, su Facebook, lo abbiamo fatto apposta. Il pubblico di Facebook è di boomer totali, avulsi da ciò che succede. Noi abbiamo sempre analizzato molto, per lavoro, il mercato: e noi siamo un mercato provinciale. Come fai a passare il tempo a commentare su Facebook tutto il giorno, se vuoi fare qualcosa di straordinario? Lo abbiamo fatto apposta, sapevamo di fare del break: non siamo stupidi, più se ne parla meglio è per noi” spiega ancora, facendo sua la massima di Oscar Wilde.

“Noi italiani siamo dei fighi, abbiamo stile, vediamo il particolare come non lo vede nessun altro nel mondo: tutti questi mondi si sono evoluti così tanto, e io e Isabella vedevamo delle lacune che ci facevano chiedere “ma ‘sta cosa la vediamo chiaramente solo noi? Com’è che nessuno la vede?” Ci siamo detti di fare della nostra visione qualcosa di super reale. Niente di forzato. Ecco perché arriviamo a tutti: noi non facciamo niente di falso, è tutto vero quello che è nella nostra testa. Avevamo l’esigenza di fare un festival, un evento che potesse essere diverso, e non come gli altri. il nostro evento”.

A chi lo ha ricollegato direttamente a rave party o festival metal, interpretando male il nome del progetto e spaventandosi per i riferimenti negativi dell’immaginario, risponde con voce ferma Isabella Potì: “Non è in questo senso. META è una parola che ci ricollega al fattore metamorfosi, alla ricerca, è alla base per noi, è ciò che facciamo tutti i giorni qui dentro” spiega la chef di Bros’. META è la loro fucina-laboratorio di idee, “la nostra section di ricerca e sviluppo, non è solo legata alla cucina ma a tutto quello che facciamo, è la zona dove creiamo” si inserisce Floriano.

META è tutto, e a seconda dell’altro addendo si sviluppa in più parti: + progetto, + section, + land per il festival. “METALand è il festival di noi creativi. Collaborazioni, brand, la gente che fa le nostre felpe, i ragazzi in cucina, il processo creativo, tutta questa roba qua lo abbiamo fatto diventare qualcosa che si potesse toccare, vivere”. In controluce sembra di leggere il parallelo, ma in chiave positiva, con il Dismaland di Banksy, il parco tematico distopico che l’artista britannico installò temporaneamente a Londra.

Floriano entra a gamba tesa: “Io sono del 1990, sono nato e cresciuto con i congressi gastronomici spagnoli e nel 2010 erano già in discesa. Dopo 10 anni parliamo ancora di congressi alla vecchia maniera? Non hanno più quell’appeal e noi questo buco, questo piccolo canale in termine rugbystico, lo abbiamo visto e lo abbiamo preso in pieno. Ci siamo detti che toccava a noi, cerchiamo di fare business anche là”.

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La parolina magica, eccola qui: business. Il fiuto e il senso degli affari per una monetizzazione che non li scalfisce umanamente, ma che in tanti non gli perdonano, usandola come clava contro di loro. “Noi facciamo business con tutto quello che facciamo, niente chiacchiere” ribadisce Floriano. La voglia di altro la esprimono i ragazzini, che sono i loro prossimi clienti: altre spinte, altre ispirazioni. Adieu cappelli e ingessature, welcome approccio diverso, disruptive perché no, nella sonnolenta verve del food. “Noi vogliamo continuare ancora di più ad avere successo, e sappiamo che dobbiamo cominciare a muoverci in altre maniere. Questa bolla del cibo può diventare ancora più grande, secondo me, e risucchiare dentro situazioni che non sono consone al nostro mondo, per un occhio normale. Perché dobbiamo fare business solo con la carota?” si interroga apertamente Floriano mentre Isabella annuisce.

“Questo mondo si deve togliere i dinosauri e sostituirli con progetti nuovi, con visioni diverse: è importante portare persone che non vengono dalla cucina, noi abbiamo un team di persone che vengono dalla musica, dalla moda…” Bros’ come brand multipiattaforma di progetti, dal rugby alla cucina, lavorare e fare business: qualcosa di imperdonabile perché sono usciti dalla cucina, ma funziona. E funzionerà sempre di più, in altri campi: un attore che fa anche il cantante, o il modello, o lo chef, non è facilmente incasellabile. Ma diversificando, oltre a divertirsi, avrà sempre stimoli e (probabilmente) successo. “Esatto. Uno pensa in questa maniera perché non ha modo di pensare in un’altra. Martin Berasategui dice sempre: tu non puoi essere quello che non sei stato” prosegue Floriano.

Ad essere particolarmente sott’occhio del giudizio altrui, poi, è il social punching-ball Isabella. Ma lei, aplomb e sano menefreghismo da sopravivvenza, non si fa travolgere: “A malapena guardo quello che scrivono di negativo, e questo mi ha sempre salvata per rimanere con i piedi per terra. Sia in positivo sia in negativo. Non ci faccio troppo caso. Io penso alle cose belle che succedono: ci sarà sempre qualcuno ce non sarà d'accordo con quello che fai”. La domanda urgente persiste: ma da dove prendono tutte queste inspo magiche che diventano risvolti, progetti e soprattutto progresso del brand Bros’? “Non si parla di input esterni, ma interni: il cervello è Floriano” risponde Isabella mentre lui si sbraccia e ride “Sono la croce di tutti, cazzo”.

Ma poi torna serio: ”Siamo guidati da una forte passione. E siamo il frutto del riscatto: abbiamo una fame dentro che viene dalle nostre origini. Questa è una cosa che molti dimenticano. Il territorio non ci ha dato nulla, o ci ha dato quelle cose che ci hanno reso così forti. Veniamo dal Salento, e su certe cose mi pento, e il Sud non ti dà le stesse opportunità che ti può dare New York. Specialmente alle menti creative di un lavoro come il mio e di Isabella. Sti ragazzi, parlo in terza persona, si sono riscattati facendo un giro largo nel mondo, tornati a casa loro hanno creato qualcosa di internazionale che agli stranieri piace. Non siamo dei provinciali, stiamo giocando su un ring internazionale: siamo abituati a far parlare i fatti, ciò che facciamo”.

Le origini e il passato per partire, ma dove si va? Un visionary food talk ha necessariamente un termine al suo fianco, il futuro, e dove sta andando il brand Bros’? “Verso consolidare dei processi, standardizzarli, aumentare la qualità del team. E continuare con i tempi editoriali nostri” risponde Floriano, che gestisce la Pellegrino Brothers mentre Isabella supervisiona maggiormente ristoranti&co. “Il futuro è in espansione, sempre” ribadisce lei. Il fattore età li aiuta, ne sono consapevoli, così come il mix felice che porta all’evoluzione. “La giacca bianca col nome non va più bene in certe situazioni: bisogna evolversi. La nostra figura ha un estremo bisogno di evolversi” conclude Floriano. Superare i compartimenti stagni del business ma soprattutto del lavoro in sé, e avere contatti da ogni mondo, è il più grande nutrimento umano. Il sistema stellare dei Bros’ (si) alimenta felicemente dentro e fuori la cucina: in fondo, se non guardi fuori dal piatto, che cosa ci metti nel piatto? Non è così alieno, a pensarci bene.

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