Ah, saperlo. Non nell’immediato, almeno. Servono alcuni giorni per metabolizzarlo, assorbirlo sottopelle e in testa, lasciar decantare piano i chilometri registrati minuziosamente dall'app del telefono perennemente in mano (ogni presa disponibile diventava un accogliente hub di cellulari, tentacoli di fili bianchi e neri pazientemente in fase di ricarica) e la quantità di informazioni, sorrisi, mani sfiorate e gomiti toccati.
Avanti e indietro al tavolo e fornetto del mangia&bevi del pranzo pre-evento, affidato alla pizza + cold brew dei ragazzi del Forno Brisa arrivati direttamente da Bologna.
Dalla villa padronale da togliere il fiato, passando per gli allestimenti sul prato e nella serra adibita a pass/cucina, sono stati due giorni di marce continue. La fase della preparazione, la più umana e calda, divertente, a ricreare quasi lo spazio di una cucina domestica dove però interagire con alcuni dei migliori chef al mondo, impegnati nelle prime fasi di realizzazione dei loro remix dei piatti previsti. Il lavandino di marmo invaso dalle insalate e erbe di Chiara Pavan del Venissa, che non perde il sorriso di fronte all’ennesimo caspo da lavare e nel frattempo si premura di consigliare trattorie veneziane. Dalla stanza adiacente arriva la voce spiccia di Francesco Brutto, lui cotto dal fuoco del camino dove cuoce l’onchom di ceci e noci, la voce addolcita dall’amore con cui apostrofa la compagna di vita e cucina.
La robusta intemperanza di Mauro Colagreco del Mirazur spazia dall’italiano allo spagnolo mentre punteggia di battute i commensali seduti al tavolo nella sera dell’evento, e brandisce teiere di acqua di pomodoro per terminare il piatto realizzato assieme ad Agostino Iacobucci (voce sottile come Pino Daniele e umorismo poderoso di una Napoli indimenticata). C’è lo sguardo concentrato di Carlo Cracco che scoperchia le croste di argilla al tavolo e guida i gesti di chi dovrà scoprire la sorpresa, ci sono gli occhi luminosamente azzurri ed entusiasti di Mattia Pecis, ci sono i gesti teneri e protettivi di Takahido Kondo (di una travolgente simpatia, in grado di sciogliere ogni traccia residua di timore reverenziale) verso Karime Lopez e l’istinto accogliente, dolce, della chef della Gucci Osteria, che si preoccupa di sfamare tutti i lavoranti, videomaker inclusi, perché è inconcepibile che qualcuno resti senza mangiare in una serata così (e il loro girasole, in collaborazione con Lorenzo Lunghi di Fondazione Prada, è un inno alla felicità vitaminica).
L’inattaccabile, cristallina serenità di Riccardo Camanini, che lo guardi e ti senti in pace col mondo per quanto riesca ad essere serafico e coinvolgente insieme; è lui che regala uno storytelling da manuale dell’umiltà e della collaborazione, raccontando il remix del piatto di Mads Refslund (la matrice iniziale) che è diventato gelato servito per dessert. Armonia, ritmo dal timing perfetto, sei minuti, tre minuti, dobbiamo uscire: le frasi scandiscono la serata con la giusta urgenza, l’emozione del momento del servizio, il dietro le quinte rispetto all’immenso tavolo da centotrenta e spicci commensali che vivono la serena notte lucchese di Gelinaz!, brindando con i vini scelti da Moreno Petrini della Tenuta e dai ragazzi di Stelt Wines.
All’aperitivo si sono sfogati con i cocktail di Matteo di Ienno del Locale di Firenze, di Domenico Carella di Carico a Milano e del local Marco Macelloni del Franklin 33. Sono istantanee che si affastellano nel pomeriggio di sole e vento, sotto il pergolato di vite americana dove Andrea Petrini ha coordinato le operazioni in due/tre lingue e i cani della tenuta si piazzavano a riposare ai piedi di Laura, la proprietaria di Valgiano.
Sono i tre ragazzi del Giglio, Stefano Terigi, Benedetto Rullo e Lorenzo Stefanini host di Gelinaz! a Lucca, che sbucavano nei punti più impensabili tra prati e cucine con i cellulari bollenti in mano, tre Wolf risolviproblemi al servizio di ogni minuzia logistica. Dopo poche ore offrono pizza rossa in teglia e vini naturali deliziosi nella cornice laidback dello spin off Gigliola, e vestono le giacche da chef padroni di casa nel loro Giglio per la cena di anteprima (menzione d’onore allo spaghetto al Vin Jaune e Comté, imperdibile). Due è il contrario di uno, diceva Erri De Luca, e a Gelinaz! sono i multipli del due a costruire la forza. Coppie, terzetti, amicizie forti e amori fecondi, patronage e giovani eredi. Una collettività di relazioni che si traduce in abbracci liberatori, brindisi, foto notturne sfocate e valanghe di stories Instagram per raccontare “sì, io c’ero, ho visto tutto questo”.
Ed è stato magnifico.