Tutta la verità sul Tortellino

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Antica Osteria del Mirasole, San Giovanni in Persiceto, Bologna. Ed è già un nome evocativo di bellezza e luce: Mirasole.

E poi vogliamo parlare del tortellino alla panna d’affioramento? Se non lo avete mai provato, ovunque voi siate, chiamate e prenotate. E’ senza dubbio un piatto che non faticherebbe a diventare Patrimonio dell’Umanità.

Tutta la verità, anzi la versione, di questo piatto bandiera di Franco Cimini, cuoco e patron del Mirasole - è contenuta nel libro di Maretti Editore. E’ un piatto che richiama ogni anno frotte di clientela da tutto il mondo e fiumi di inchiostro. Eppure, nonostante Cimini lo cucini ininterrottamente da 20 anni, attrae e divide.

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Ma quindi, il tortellino in brodo o il tortellino alla panna?

La verità - o la versione - su questo piatto e sulla storia di questo tempio della gastronomia la troverete, appunto in un volume appena uscito, edito da Maretti Editore, che racconta la storia di una trattoria che oggi è una tra le più importanti d’Italia, non solo per la qualità dell’offerta che propone, quanto per il lavoro di ricerca e valorizzazione del territorio in cui si trova. È una storia d’amore, di famiglia, di passione e impegno che fa dell’Antica Osteria del Mirasole uno dei fari della ristorazione italiana, grazie a Franco Cimini che insieme alla moglie Anna Caretti ha costruito un percorso che si è sviluppato grazie alla consapevolezza di circondarsi di grandi alleati.

Dal Parmigiano Reggiano, con la filiera di allevamenti di questi animali straordinari, al prezioso Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, Franco e Anna si fanno ambasciatori del gusto emiliano che si traduce nella trattoria quale cassa di risonanza di questi gesti.

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Tutta la storia raccontata dagli albori, l’incontro e l’amore per Anna, il progetto di vita e quello ristorativo, le testimonianze dei coprotagonisti produttori, le ricette più emblematiche, dal Tortellino alla Panna d’affioramento, il piatto simbolo dell’osteria, con il suo marchio registrato, le carni e la brace, e persino l’hospitality con le camere per soggiornare, le visite al caseificio e all’azienda agricola, con l'auto-produzione dei mangimi per gli animali, la produzione di carni e salumi, la produzione di vino Pignoletto e Lambrusco; un’Esperienza Mirasole in cui gli ospiti degustano la cena in osteria, pernottano, e al mattino dopo una grande colazione vengono portati in visita al caseificio per assistere alle fasi di produzione del Parmigiano Reggiano.

“I tortellini alla panna di affioramento sono in carta dal 2003, un ventennio in cui sono stati spesi fiumi di inchiostro, ora di elogio, ora di critica feroce, che io ho accolto indistintamente, consapevole che stavo comunque riscattando un piatto dall'oblio estrapolandolo dal desco familiare, apparentemente facile e casuale, immediato, per restituirgli una dignità e un gusto. Dignità e gusto che oggi sono un vanto, e non sono io a dirlo, sono decisamente il piatto che richiama persone non solo da tutta l'Italia, ma anche dal resto del mondo, e che durante la pandemia ho continuato a cucinare per realizzare dei kit da spedire. Anche a porte chiuse, anche a distanza, la brama di poterli mangiare mi ha indotto a continuare a cucinarli, e forse è stato proprio in quella circostanza tanto infelice che ho capito realmente il loro magnetismo, il potere attrattivo che può avere un gusto, e quanto possano costituire l'identità di una cultura”.
precisa Franco Cimini
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Il tortellino nasce a Canossa perché nell'abbazia di Chiaravalle è stato ritrovato un manoscritto dei monaci cistercensi che racconta di un pranzo preparato per Matilde di Canossa in cui è stato cucinato un tortello ripieno di spezie e carni, "cocerai lo tortello nello brodo delle sette carni (pavone e animali vari) poscia verserai in calda scodella e sopra bianca crema di latte di formajo grana." Bernardo di Chiaravalle diventa abate dell'abbazia e codifica tra Piacenza Mantova e Cremona questo formaggio che diventerà il Parmigiano Reggiano, tra il 1200 e il 1300. Questo documento è ancora custodito nell'abbazia, si può consultare in loco, e tra le righe scritte nei caratteri gotici, si possono leggere queste testimonianze.

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Viè inoltre un importante testo di Francesco Leonardi, che nel suo Apicio Moderno del 1790 descrive la ricetta del Pasticcio di Tortellini o Cappelletti, che recita così: "Fate dei Tortellini di petto di cappone, come sono descritti nel Tom. 1 pag. 39, "ponete mezza foglietta di fiore di latte, ed un poco di Culi in una cazzarola con un pezzo di butirro maneggiato nella farina, sale, pepe schiacciato, fate stringere e bollire sopra il fuoco muovendo sempre con una cucchiaja di legno, indi passate al setaccio. Passate in una cazzarola sopra il fuoco qualche fetta di tartufo con un poco di butirro; quando saranno cotti, bagnate con la Besciamella suddetta, fate bollire ancora un momento, e levate dal fuoco. Fate cuocer i Tortellini con un buon brodo giusto di sale, poscia scolateli bene, poneteli nella Besciamella, condite con parmigiano grattato e cannella fina. Allorché saranno freddi formate il Pasticcio come quello di maccaroni, ma senza Ragù nel mezzo; fatelo cuocere di bel colore, e servite come l'altro" - come fa notare il prof. Napoleone Neri, "i) Leonardi distingue il latte normale dal Fiore di latte. La parola fiore deriva da affioramento, tecnica ancora oggi in uso nei caseifici del Parmigiano Reggiano. Nel Settecento molti formaggi venivano caseificati facendo sostare per una notte il latte munto alla sera; la panna più leggera affiorava, alla mattina si faceva la spannatura (la scrematura) ottenendo il fiore di latte, oggi chiamata panna di affioramento. II fiore di latte veniva usato per fare burro, mascarpone oppure in cucina condimento o ingrediente per dolci".

È qui insomma che nasce il tortellino alla panna, i bolognesi però ancora dibattono se usare brodo o panna. II tortellino odierno risale al 1974, quando viene depositata la ricetta bolognese, ma ormai il brodo non è più tradizionale perché le carni sono diverse, provengono infatti da allevamenti, nel peggiore dei casi intensivi, di carni che non sviluppano grassi.

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“Che cos'è allora la tradizione, se non il fissare una procedura, con la consapevolezza che è dinamica e muta con il mutare delle epoche? Voglio dire, negli anni '70 il tortellino alla panna lo cucinavano gli studenti, diventando così modello di cibo facile, industriale, pop, economico, per cui è stato demonizzato e relegato fuori dalla tradizione. Ma io, studiando e documentandomi, da appassionato di storia quale sono, ho scoperto che a Bologna ci sono 200.000 abitanti autoctoni e 234.000 non autoctoni. II tortellino è un archetipo, un mito, un simbolo, ma non rispecchia i parametri reali di quest'epoca e resta nell'immaginario collettivo popolare. Per questo sono divisivi, perché da una parte i tortellini alla panna sono il piatto cheap degli studenti e in casa si cucinano per i bambini. Tutti li mangiano ma nessuno lo ammette e se ne vergogna, e resta così relegato tra le quattro mura domestiche. Uno dei motivi per cui ho vestito i panni dell'Indiana Jones dei tortellini bolognesi, riguarda naturalmente Anna, mio eterno grillo parlante in cucina. Ricordo che una sera a cena a casa dei suoi genitori, sua mamma aveva preparato i tortellini alla panna, secondo una ricetta che mi rivelò essere della bisnonna, e questo voleva dire che i tortellini alla panna si cucinavano da 200 anni, specie in campagna, nelle famiglie di casari, perché in città la panna non è arrivata finché non è stata introdotta la pastorizzazione del latte. Fu da questi racconti di Anna che presero corpo le mie ricerche storiche e filologiche, che mi hanno ricondotto nel tempo al documento sul banchetto di Matilde di Canossa. Un parallelo curioso con il mio banchetto in casa Caretti. Pur partendo dalla ricetta bolognese che prevede il brodo, ho seguito il mio istinto, per cui ho voluto dare una nota di sapidità più intensa che contrastasse meglio la dolcezza della panna. Ho studiato per anni il bilanciamento degli ingredienti, dal ripieno al condimento, per poi scoprire che l'unico ingrediente determinante è il lombo di maiale con la sua sapidità, per cui ho messo a punto una preparazione ad hoc. Un tortellino diversissimo dal disciplinare, il tortellino di Franco Cimini”.
conclude lo chef

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