Aspettando Gelinaz!

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Se devi chiedere che cos’è il jazz, non lo saprai mai. Lo diceva Louis Armstrong, con un tono che sottintendeva probabilmente la necessità di uscire dalle proprie categorie mentali per immergersi nella musica. Empirismo applicato, in un certo senso. Allo stesso modo, se devi chiedere cos’è Gelinaz, non ti aspettare di arrivarne al cuore pulsante, perché lo sfiorerai e basta. Gelinaz! lo devi vivere, sperimentare, assaggiare, toccare, respirare. Devi salire su uno, due, anche tre treni, o affidarti a strade e navigatori per raggiungere le location in cui viene organizzato, mai grandi città ad un tiro di alta velocità ma luoghi dove approdano regionali lenti e bus farciti di valigie, dove l’eccellenza operaia (nel senso della cucina) è una nicchia di umanità squisita.

The Grand Gelinaz! Shuffle - Stay In Tour “Silent Voices” cambia ancora una volta la formula riunendo sotto l’egida di Lucca e Noto in Italia due gruppi distinti di chef, traslati in due luoghi d’elezione solo all’apparenza distanti.

Inusuali, certo, fuori dai soliti circuiti. Nel palazzo di Valgiano, sulle colline lucchesi, l’atmosfera di Gelinaz! trova la sua casa temporanea. La brigata allargata sarà guidata dai tre chef del ristorante Giglio di Lucca, Benedetto Rullo, Lorenzo Stefanini e Stefano Terigi, tra i protagonisti della piccola rinascita enogastronomica di questo lato della Toscana.

Cosa significa per Lucca un evento come Gelinaz?: “Una figata” ride Stefano Terigi.

Lucca negli ultimi anni ha migliorato la propria offerta ampliandola di persone, nuove teste pensanti e creative, che lavorano sul territorio ossigenandolo dai vecchi schemi. Lucca è una città piccola, quasi un paese in scala, ci si conosce tutti. La comunicazione locale tra chef e curiosi funziona a getto continuo, stimolante e rapida, e la richiesta di partecipazione è impennata. “Il fatto che ci siano degli ospiti così grandi è un bene per tutti” continua Terigi. E vuoi mettere anche la comodità di averli direttamente lì, in presenza, tutti insieme in un colpo solo, ed essere il conduttore dei giochi? “Abbiamo cercato di suddividere le matrici interpretandole, pur dando un’impostazione alla serata per determinare certe tipologie di piatti.

Due versioni, finger da mangiare con le mani, per una serata più dinamica e in piedi, un po’ come una festa. Poi il piatto servito a tavola, e le portate a tavola saranno quattro e ogni singolo piatto sarà a 4 mani”. E le combinazioni tra gli chef? Create in base alla facilità di comunicazione tra loro, data la situazione globale, ma anche come gioco goliardico: così coppie di amici come Mauro Colagreco del Mirazur e Agostino Iacobucci, corregionali come Chiara Pavan e Francesco Brutto con Carlo Cracco, il triplete fashion di Taka Kondo e Karime Lopez con Lorenzo Lunghi (Gucci girl e Prada boy), e infine Riccardo Camanini del Lido 84 con i tre chef del Giglio.

La dislocazione dal comfort delle proprie cucine, le collaborazioni nate a sorteggio casuale, l’immersione in un polmone verde di eleganza come solo l’hinterland di Lucca sa essere, sono variabili che influenzano gli approcci in cucina. E le espressioni di chi sta cucinando. E proprio loro devi guardare, le facce degli chef e quelle dei loro sous e aiutanti, la concentrazione e la sfida nel reinterpretare le poche indicazioni che vengono fornite, e le molte libertà cui possono aderire. Devi seguire la discesa da piedistalli su cui gli chef nemmeno vorrebbero salire, ci stanno sopra perché ci vengono messi dal chiacchiericcio intorno, e guardarli manipolare gli ingredienti che ognuno di loro renderà unici.

Un inno all’atto creativo del singolo con una forte componente collettiva: great minds think alike, le grandi teste pensano allo stesso modo, non dimentichiamolo. Ma non significa banalizzare una relazione col cibo, al contrario. Significa affidarsi allo straordinario bagaglio di tecniche, esperienze, sensazioni, anche paure e dubbi, di una persona che ha due enormi responsabilità: nutrirci e soddisfare il piacere. Esiste un fine ultimo: creare delle cose che non esistono, che non si sono viste, che non sarebbero mai state create se non ci fosse stato un input. Ed è corroborante vedere una città come Lucca, silente nella sua tradizionale e placida collocazione di provincia serena, fervere di ispirazione e contributi scartando l’asse Milano-Roma per farsi culla di novità, contro le ossessioni deterministiche della cultura enogastronomica degli ultimi anni.

Deviare dal tracciato e cercare la propria via. Un esempio, l’ennesimo, per valorizzare gli scambi tra persone, i prestiti preziosi, le influenze lontane e vicine, le contaminazioni felici che (ri)creano una genesi rinnovata in cucina. Appuntamento il 29 agosto per le silent voices da assaporare. Senza chiedere cos’è.
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