Leonardo Sciascia, nel romanzo Il giorno della civetta, si espose in una profezia tanto lucida quanto emblematica, che nell’odierna centralità siciliana nel panorama gastronomico italiano, arriva ad assumere lo status di trend: nell’avanzare della “linea della palma”, dell’onda identitaria della rifondazione del gusto italiano che dilaga lungo la Penisola c’è l’irrefrenabile consapevolezza di un mantra tutto siciliano fatto di contaminazioni ante litteram. La Sicilia è stata laboratorio politico, fucina di compromessi storici e di autonomismo più che di indipendentismo; nella biodiversità enciclopedica degli ingredienti autoctoni e nel carisma degli interpreti e compositori c’è l’esposizione di un’autenticità che è emblema del made in Italy a 360°.
Di enclavi autonomiste della letteratura del gusto, la Sicilia può vantarne ben due, paragonabili solo nell’autorevolezza, ma distinte per stile, filosofia, visioni micro e macroscopiche sull’esegesi del gusto.
Pino Cuttaia ama definirsi cuoco più che chef, individuando nell’artigianalità l’esclusività e l’essenza di gesti domestici da perpetuare e tramandare. Nel fluire ed intersecarsi di tanti mestieri e tanta sapienza di produttori, agricoltori, pescatori ed artisti si creano le composizioni culinarie che narrano l’unicità della tecnica che non snatura gli ingredienti ma li esalta rendendoli assoluti. Ricerca l’imperfezione-perfetta dei dettagli umanizzanti, da cui scaturiscono vivide le emozioni universali legate alle fragranze, alle forme e all’evocatività dei sapori.
Nell’odissea di Pino Cuttaia c’è l’esigenza di tessere reti di connessione, ricerca e sviluppo innovativo sulla gastronomia del Mediterraneo, il Mare Nostrum nella sua visione, è orto in cui può germogliare la salvaguardia delle risorse comuni.
In questa Italia che sta diventando Sicilia, si scorge anche la lungimiranza di chi sa progettare format di successo internazionali.
Consapevole e pragmatico, capace come pochi in Sicilia di fare impresa, sovrintendente di un cantiere culturale perpetuo, Ciccio Sultano orchestra l’armonia dei dualismi e delle dicotomie, del barocco e della verticalità stilistica, delle simmetrie tecniche e dei caleidoscopi sensoriali, delle radici territoriali iblee e del cosmopolitismo, dai tributi alla cucina baronale al millenario retaggio delle dominazioni moresche, bizantine, normanne ed angioine.
Ologrammi e mai illusioni, lapilli di genialità che ardono del desiderio di coinvolgere nell’esperienza sensoriale totalizzante ed estatica, nell’atmosfera ricercata dell’interior design.
In un ventennio Pino Cuttaia e Ciccio Sultano hanno innovato i canoni dell’Alta Cucina italiana e rappresentano per i giovani cuochi che operano in Sicilia, l’emblema di una professionalità legata al valore assoluto dell’identità.
Davide Giudara, Mauricio Zillo, Gabriele Camiolo, Joseph Micieli, Alessandra Bertola, Antonino Novello, Piergiorgio Alecci, Alessandro Ravanà, Peppe Causarano ed Antonio Colombo, sono i giovani professionisti a cui affidare le nuove pagine della ricerca fine dining.
Nei valori e nella totipotenza, la Sicilia è l’Italia al superlativo, nel superamento dell’essere anestetizzati al bello, allo straordinario e all’esclusivo c’è la sceneggiatura per lo spettacolo gastronomico che rifonderà l’economia italiana.