Paolo Marchi does it better - perché il Congresso Identità Milano è ancora una manifestazione attuale
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Nel finale de Il Piacere di G. D’Annunzio, al protagonista viene rivelata la decadenza del suo mondo edonistico ed estetico, che nasconde, dietro la carta da parati, falle, buchi e incoerenze.
La sedicesima edizione del Convegno di Identità Golose porta con sé un messaggio forte e chiaro: il bisogno di ripensare alla realtà della gastronomia contemporanea, ripartendo dalle ceneri della pandemia. Il lavoro, tra sudore e gioia, è l’unico sprazzo di luce, il solo mezzo che può portarci nuovamente, alla realizzazione di un agognato equilibrio, a una rinnovata bellezza. Nel segno dello sforzo e della volontà, si ritrova quel piacere di riunirsi, di esserci, insieme.
“Fare l’amore è meglio di mille Zoom” ci dice Paolo Marchi, fondatore, insieme a Claudio Ceroni, di Identità Golose. Vale la pena di fare due chiacchiere sincere con lui per riscoprire il gusto di stare uniti, prima ancora di pensare a nuove tendenze nel mondo della cucina, per cucinare meglio le idee, e iniettare energia a un comparto che nell’ultimo anno e mezzo ne ha viste di cotte e di crude. “Negli ultimi anni abbiamo portato la pizza e la pasta di semola, il gelato e il servizio di sala sotto i riflettori” racconta Paolo, quando ancora nessuno ne capiva l’importanza e anzi quasi venivano considerati figli minori del mondo della cucina alta e scintillante. Basterebbe questo a far capire quanto ancora sia attuale ritrovarsi a Milano per ascoltare le storie di cuochi, pizzaioli, pasticceri, bartenders, aziende che resistono e che ripensano al presente, per rimpastare il futuro dell’ospitalità.
“A un certo punto della mia carriera pensai che fosse giusto che i cuochi italiani avessero un palcoscenico dove spiegare il loro lavoro”, “Perché c’era una voglia pazza dei nostri Alajmo, Cracco, Bottura, Cedroni e Uliassi, di esprimere le loro idee che andavano oltre alle tradizioni consolidate e di eccezionale successo”, professionisti che, per esempio, nei congressi spagnoli non avevano abbastanza spazio, ma che invece stavano rifondando la cucina italiana a suon di innovazione. “Mi faceva impazzire che la pizza non fosse valutata” continua Marchi, quando invece è il nostro piatto nazionale, spacca frontiere, che ci identifica nel mondo, ancor più del riso e della pasta. La capacità di capire cosa può essere attuale come tema, cosa muove dentro all’organismo della ristorazione italiana e no: questa è la cifra di Identità, ciò che ancora tiene in piedi il Congresso e ci magnetizza.
“Le mie idee sono il mio lavoro” ci dice Paolo, e Identità Milano, piaccia o non piaccia, è ancora un luogo privilegiato in cui i professionisti possono dire quello che pensano, e dove si intravedono ancora scintille di umanità, dentro alle sale e tra gli stand degli sponsor. Non basta prendere dei cuochi e metterli insieme per far nascere qualcosa, serve una mente lucida sul presente, a tratti geniale, per comprendere che in questo paese abbiamo ancora un disperato bisogno di credere nelle nostre capacità, dentro e fuori dalle cucine, di sentirci dire che “si può fare”. E quindi abbiamo ancora voglia di sederci ad ascoltare Corrado Assenza che ringrazia i produttori di mandorle e abbraccia Massimiliano Alajmo, ci emozioniamo ancora di fronte all’energia creativa di Bottura, ci sorprendono sempre per le pizze di Simone Padoan, che inaspettate sanno raccontare storie di luoghi, di famiglie e di mestieri; speriamo di poter vedere Antonia Klugmann un po’ più da vicino, e respirare a pieni polmoni la sua dolcezza contagiosa, tuffarci nella sua poetica, nella sua cucina gentile; aspettiamo ancora con ansia di poter scorgere dal palco Niko Romito, Josep Roca, Mauro Colagreco, Ciccio Sultano e Fabrizio Fiorani, Moreno Cedroni, Paolo Brunelli e tanti altri che ci ispirano.