Mirko Febbrile

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Lo chef Mirko Febbrile ha lasciato l'Italia otto anni fa, in parte per il desiderio di uscire dall'ambiente della ristorazione, che non era coerente con i suoi valori, in parte per soddisfare la sua voglia di saperne di più su ciò che il mondo ha da offrire. Sbarcato a Singapore, da 5 anni è al timone del ristorante Braci, che gli ha portato la prima stella Michelin di Bach nel 2017. Oggi sta lavorando a delle nuove aperture, previste per l'anno prossimo: progetti che esaltino le sue origini pugliesi e che diventino luoghi di auto-riflessione e di lavoro all'insegna dell'inclusività e della diversità.

Nella nostra chiacchierata, Febbrile ha condiviso il motivo per cui essere aperto sulla sua sessualità ed essere onesto con i suoi valori è stata una scelta importante, e come fare per sfidare l'attuale sistema di ristorazione guidato dal patriarcato.

Come hai vissuto, in Italia, la tua esperienza di coming out in famiglia? E coi colleghi?

Quando fai coming out non e’ mai facile e questo di certo non dipende dal fatto di dar per certo che chi ascolta dall’altra parte accetterà o meno.

Da sempre sono stato quella persona che in realtà non ha mai nascosto o negato e che ha cercato di vivere sempre nella maniera più autentica possibile rispettando prima di tutto me stesso.
Dovevo informare della faccenda la mia famiglia. Sono trascorsi ormai 10 anni dal mio coming out.

Trovo che chi mi conosce in realtà lo ha sempre saputo e alla fine e’ andata proprio cosi. Penso che la questione in generale sia assolutamente di normale natura e sono del pensiero che non si debba dichiarare. Ciao sono Mirko e sono gay! Avrebbe mai bisogno un etero di dichiarare mai la sua eterosessualità?

Ho ricevuto tutto l’amore possibile dai miei genitori, famiglia, nonni e amici ma questo non e’ bastato perché a prescindere, a 20 anni si pensa sempre di essere il problema, semplicemente perché si e’ nella fase di accettazione e scoperta di se stessi indipendentemente da genere, contesti o gusti sessuali.

Riguardo il contesto lavorativo, ripeto, non mi sono mai nascosto ma il chiacchiericcio in cucina c’era, ma per me non era importante.

Non ero alla ricerca di accettazione o disperata voglia di essere riconosciuto per quello che sono. Volevo lavorare e basta, i miei obiettivi professionali erano più importanti rispetto a quelli personali. Ovviamente questo e’ stato un errore magistrale.
Ho scoperto poi, che se non sei te stesso diventi una persona limitata. Con i limiti non si crea niente, non si cresce e non si vive.

La colpa non era solo mia. Sarebbe stato bello lavorare in un ambiente che mi tutelasse sotto questo punto di vista.
Il chiacchiericcio non doveva essere permesso.

In che modo quest'esperienza è stata diversa a Singapore?
Sono arrivato a Singapore 3 anni dopo il periodo che ho appena descritto e a quel punto ero pronto ad affrontare con pelle dura qualunque cosa perché sono una persona molto determinata. Ora pero’ ero cosciente di volermi più bene.

Singapore mi ha accolto, nutrito e inspirato.
Nella mia testa non esisteva un’altra opzione. Non potevo vedere quest’esperienza come incerta o come una sconfitta sin dal principio. Doveva per forza andare bene, era questione di sopravvivenza!

Perché pensi che l'omosessualità in cucina o tra i cuochi rimanga un tema così tabù in Europa e in Italia?

Non solo in Europa o in Italia ma ancora ovunque e specialmente in Asia. Purtroppo nel corso degli anni, ho vissuto situazioni che mi hanno fatto capire davvero perché questo accade.

La cucina, i cuochi sono vittime di quel concetto le quali insidie brutte e tortuose sfociano tutte nella parola patriarcato. Un sistema sociale assolutamente malato in cui gli uomini pensano di detenere, per diritto o convenzione, il potere, l’autorità morale, la leadership, la dignità su ogni persona o cosa.

Si crede, la stra grande maggioranza delle volte che per diventare qualcuno, bravi, forti e degni di questo lavoro bisogna “farsi le ossa” (autolesionismo) in un certo tipo di ristoranti. Quelli con la reputazione di essere caserme dove il patriarcato regna e che grazie ad esso sono diventati istituzioni.

Ecco, quel modello di cucina e’ impresso nelle nostre menti, esiste ancora ma non si dice, e, la conseguenza inevitabile e’ incontrare tanta bella gente, e con bella gente non mi riferisco solo a persone del gruppo LGBTQI2S+ ma anche a incredibili donne, che dal punto di vista personale si annulla completamente e pretende di incalzare il ruolo che il sistema gli costringe a ricoprire.

Per il bene di sentirsi all’altezza, sempre forti e quindi essere accettati. Ecco perché l’omosessualità e’ tabu’.

Cosa si può fare per promuovere una mentalità più inclusiva?
Sta a noi scegliere le aziende e le persone con cui lavorare mettendo sempre la nostra integrità al primo posto.

Siamo costantemente alla ricerca delle ricette perfette e quando le troviamo non vogliamo condividerle con nessuno.
La ricetta segreta e’ quella di non affezionarsi troppo alle ricette! Questo e’ un lavoro che si evolve, che cambia costantemente e che cerca il futuro sempre.

Io ho deciso che la mia missione e’ nel mio piccolo di contribuire a cambiare il settore e usare la mia professione come vettore per inspirare la gente ad essere migliore. Voglio creare habitats sicuri dove diversità, inclusivita’, compassione e accettazione devono essere i nuovi valori di un ristorante di successo e la chiave dove la creatività fiorisce e prospera. E’ cosi limitato pensare che oggi il riconoscimento e importanza e dello chef sia ridotta all’invenzione di una ricetta o due.

Un altro punto fondamentale e’ senza altro il ruolo che i nostri clienti coprono.
Oggi e’ facile informarsi ma sopratutto capire che spendere soldi, comprare e mangiare e’ un atto di attivismo. Prima che si decida di andare a mangiare in un determinato ristorante bisogna assolutamente sapere quali sono i valori del ristorante stesso ancor prima di cercare se ingredienti di qualità vengano utilizzati o meno.

Per servire al meglio il cliente tutto lo staff deve stare bene e quando come cliente si decide di andare in un posto bisogna capire che si contribuisce finanziariamente ad investire in tutti i valori e non in cui il ristorante crede.

Ultimo punto le organizzazioni che riconoscono e distribuiscono awards.
La missione dovrebbe essere di crescere ad essere più gentili e rispettosi e di promuovere e creare ambienti lavorativi sani.
Dobbiamo essere un’unica coscienza che lavora con lo scopo di mettere in pratica quello che si predica e non il solito gruppo di persone che racconta favole e alimenta gli ego di tutti disperdendo statuette a ciclo continuo per il bene del marketing.

Il cambiamento inizia da noi stessi.

Cos'è successo quando hai condiviso il tuo matrimonio sui social media?
Ho ricevuto auguri, commenti e messaggi di sostegno da parte di tanti che mi ha fatto molto piacere leggere.
Ho avuto modo di scambiare pensieri con gente che ha trovato il mio gesto di condivisione rischioso e lo ha apprezzato perché visto come speranza di cambiamento e strumento che promuove tolleranza e amore.

Ma ormai come esperimento sociale ho notato che ogni volta che condivido qualcosa della mia vita privata un considerevole numero di followers decide di non seguire più. Per quanto sia affascinante riportarlo, a livello personale non e’ importante anzi, sinceramente apprezzo la selezione naturale del non condividere un pensiero e semplicemente rimuovere il segui invece di reagire con messaggi di insulti o odio.

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credit Mimmo Ricatti

Che tipo di feedback hai ricevuto?
In tanti hanno detto che il tutto era un po troppo progressivo, “stravagante” o che non avrei dovuto condividere questo materiale sul mio profilo professionale.
E quindi rispetto a quello che ho raccontato sopra fa tutto senso perché la preoccupazione in questo caso e’ di togliere credibilità’ e mascolinità’ a quella famosa figura dello Chef patriarca perfetto.

Quello che e’ importante e’ sapere che la mia vera intenzione di condividere il giorno del mio matrimonio era quella di creare uno statement. Che dice che sostengo l’uguaglianza e il sacro santo diritto di essere liberi e di essere noi stessi.
Che altrimenti l’omofobia uccide.

Perché hai deciso di lasciare l'Italia?
Ho deciso di lasciare l’Italia perché viaggiare e scoprire il mondo mi ha sempre affascinato. Penso sicuramente di essere una persona con la mente aperta sopratutto e grazie a questo, mi piace imparare incoscientemente.

Lasciare l’Italia 8 anni fa e’ stata anche una risposta indiretta di rifiutare un sistema lavorativo che non era fatto per me.

Quali sono gli attuali progetti che sviluppi a Singapore?
Sono nel bel mezzo della creazione di due nuovi concetti che lancerò nel 2023 insieme ai miei partners al the Lo&Behold group.

I due ristoranti sono concetti creati dalla gente per la gente e che rappresentano al meglio la mia visone di vita e dei valori importanti per me. Saranno posti dove come teams ci chiederemo costantemente cosa siamo e cosa vogliamo essere e l’impatto che abbiamo nelle scelte che prendiamo ogni giorno.

Racconterò le mie origini Italiane e omaggero’ la mia Puglia per tutto l’amore che mi ha insegnato.

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